La “passione fredda” di Vittorio Ghidella è il frutto di una rara combinazione di competenza e entusiasmo in salsa pessimista, guarnita con un pizzico di cinismo. E’ la ricetta di quella pozione magica che avrebbe consentito di riprendere in breve tempo il controllo di una struttura gravemente compromessa. Con oltre il 60 per cento di quota sul mercato interno la Fiat è ancora un costruttore monopolista ma la redditività è insoddisfacente. L’ingresso di Gheddafi nell’ azionariato contribuisce a sanare una congiuntura economica e finanziaria ai limiti del collasso ma costa cara sul piano dell’immagine internazionale.
E’ raro trovare Ghidella nel suo ufficio al secondo piano di Mirafiori. Dopo Nicola Tufarelli, amministratore delegato senza patente, arriva Vittorio Ghidella che la patente ce l’ha. Eccome.
Sale in macchina, parla il linguaggio dei collaudatori: “le auto si giudicano con il culo !”.
Costruisce la sua immagine procedendo dal basso verso l’alto, con il vantaggio di far leva sulla Fiat più sana, quella delle “corporazioni e dei mestieri”. Si procura le informazioni direttamente alla fonte, saltando ogni mediazione che, secondo un principio di indeterminazione, valido nei rapporti personali come in fisica, modifica necessariamente il contenuto del messaggio.
Non c’è spazio per superficialità ed approssimazione. Le domande dell’Amministratore Delegato, spietatamente sequenziali, richiedono risposte motivate e precise. Perché ad ogni incertezza si infittisce una tela di ragno nella quale la vittima si avvolge sempre più mentre lotta per liberarsene.
I comitati direttivi perdono la consolidata ritualità per assumere l’aspetto di psicodrammi nei quali le tensioni che prima si esaurivano nelle mediazioni di corridoio, esplodono con pubblica, inaudita violenza.
