
MILANO – Non erano “galeotte” quelle foto sexy trovate sul cellulare di un ragazzo, all’epoca ventenne, che ritraevano una ragazzina di 15 anni in pose osé. Una trentina di scatti in tutto, foto che lei stessa gli aveva inviato dopo averlo conosciuto su un social network e che erano costate a lui un’imputazione per pornografia minorile. Accusa dalla quale è stato infine assolto dalla Corte d’Appello di Milano proprio perché il rapporto tra i due “era consensuale”.
L’imputato, che aveva conosciuto la ragazzina su Netlog nel 2008, era finito sotto processo perché i genitori di lei, costituitisi poi parte civile nel procedimento, avevano notato alcuni messaggi e foto sul suo telefono e avevano sporto denuncia.
L’accusa di pornografia minorile si configurava per i pm, perché “utilizzando” una minorenne avrebbe realizzato “esibizioni pornografiche” o l’avrebbe indotta a “partecipare” a tali “esibizioni”.
Nei confronti del giovane, già assolto in primo grado, la Procura Generale aveva fatto appello perché, si legge nel ricorso presentato dal Pg, il ragazzo avrebbe
“detenuto per un apprezzabile periodo di tempo le foto della minore, degradandola quindi ad un oggetto”.
Secondo i giudici della Corte d’Appello invece, non si può punire, come si legge nelle motivazioni, “la sola mera detenzione di materiale pornografico”, ma la norma deve contrastare “la detenzione del materiale che sia realizzato utilizzando minori”.
Nel caso concreto poi si parla di un
“rapporto consensuale a due tra una ultra-quattordicenne e un ventenne con scambio reciproco di fotografie”.
La norma, chiarisce ancora la Corte, serve a “combattere il mercato della pedofilia”, mentre non si possono “considerare illecite condotte” che rientrano, invece, “nella sfera delle libertà individuali, di cui, evidentemente, sono portatori anche i minori“, perché la “tutela dei minori non elide la loro capacità di autodeterminazione”.
