BOLZANO, 21 SET – Vantarsi con gli amici di aver fatto sesso con due sorelle non e’ reato: lo ha stabilito la Cassazione che ha assolto un artigiano altoatesino, che era stato condannato dal giudice di pace di Brunico per diffamazione aggravata, come scrive l’Alto Adige.
I fatti risalgono al 2005, quando l’elettricista svolse qualche lavoro in un cantiere di proprieta’ delle due sorelle. Il rapporto tra loro muto’ e presto era tutt’altro che professionale. L’uomo era talmente fiero delle sue avventure erotiche a tre, che si vanto’ durante una cena in un rifugio della val Badia con alcuni amici di Trieste.
Uno dei commensali era pero’ parente delle due sorelle e informo’ il padre, che non ci penso’ due volte e’ presento’ querela. Il giudice di pace gli diede retta e condanno’ l’elettricista. Ora pero’ – scrive l’Alto Adige – la Cassazione ha annullato la sentenza, visto che l’uomo aveva fatto solo i nomi delle interessante senza menzionare i cognomi ne’ il luogo esatto degli incontri erotici.
La cassazione è di altro avviso, come scrive l’Alto Adige: “L’elettricista difeso dall’avvocato Carla Anna Martegani del foro di Trieste – così precisa la sentenza – aveva fatto solo i nomi delle interessate senza menzionare i cognomi né il luogo esatto degli incontri erotici. Ha prevalso la tesi dell’imputato, secondo il quale dalle informazioni fontire agli amici non era possibile individuare le persone coinvolte e, quindi, il fatto non poteva costituire reato. I giudici della Cassazione non possono nemmeno essere tacciati di maschilismo perché la relazione sul caso è stata redatta da un consigliere donna, Maria Vessichelli. Oltre a sottolineare che in primo grado non erano state tenute in debita considerazione le affermazioni dei 5 testimoni della difesa, la Cassazione spiega come non sia stata «in alcun modo confermata l’affermazione del teste cardine dell’accusa, secondo il quale alla vanteria dell’elettricista non è seguita una risata generale» degli amici che hanno partecipato alla cena incriminata.
Ed è la stessa Cassazione, poi, a dare un’altra possibile lettura dei fatti. In sentenza non era stata valutata la lettera prodotta dall’imputato, che spiega come, già prima della presentazione della querela, erano sorti «alcuni attriti» con la famiglia delle due sorelle per il pagamento dei lavori, sfociati poi in una causa civile. Più che una pruriginosa vicenda di sesso, sembra essere dunque una banale lite per soldi“.
