“La Chiave”, “Caligola”, “Salon Kitty”: Tinto Brass, il re dell’eros compie 80 anni

MILANO – Tinto Brass compie oggi 80 anni. Per festeggiare, il re dell’erotismo cinematografico torna dopo 8 anni dietro la cinepresa con “Ziva – L’isola che non c’è”: protagonista del film è Caterina Varzi, l’interprete principale che aveva già lavorato con Brass in “Hotel Courbet”.

La Varzi è soltanto l’ultima delle donne dirette dal regista veneziano. Prima della Varzi hanno infatti lavorato con Brass attrici quali Stefania Sandrelli, Serena Grandi, Francesca Dellera, Claudia Koll e Debora Caprioglio.

Un bel profilo sul maestro dell’erotismo, lo scrive Giacomo Perra sul Messaggero:

“Ottanta voglia di eros. Tinto Brass, regista tra i più controversi del nostro cinema, compie oggi ottant’anni. Ottanta primavere (simpaticamente scansate in una recente intervista: “‘Ho già tolto il saluto a chi mi ha ricordato l’età’ ) vissute da provocatore del grande schermo. In Francia, per definizione della Cinémathèque, che nel 2002 gli dedicò un’importante retrospettiva, è il più erotomane dei cineasti e il più cineasta degli erotomani, oltre che uno dei maestri indiscussi della sensualità fatta immagine. In Italia, invece, raramente è stato profeta e quell’epiteto, maliziosamente riduttivo, con cui spesso si è cercato di etichettarlo, “cinecologo” – che, supponiamo, a lui non dispiaccia più di tanto – , sta ad evidenziarlo”.

“Da qualunque profilo lo si voglia scrutare, comunque, Brass ha realizzato pellicole destinate irrimediabilmente a colpire e a far discutere l’opinione pubblica. Una su tutte “La chiave”, datata 1983, che rilanciò l’allora quarantenne Stefania Sandrelli (anche se il regista avrebbe voluto nientemeno che Sophia Loren) e che, per sua stessa ammissione, condizionò la carriera del cineasta veneziano al punto di spezzarla nettamente in un prima e un dopo”.

 “Il prima era stato nobilitato da un apprendistato con Roberto Rossellini e all’insegna dello sperimentalismo; sulle orme della Nouvelle Vague – appena dopo la laurea in giurisprudenza, tra il 1957 e il ’60, lavorò come archivista alla Cinematheque di Parigi, inequivocabile segno del destino – , infatti, il Tinto nazionale aveva sfornato prove apprezzate dalla stessa “matrigna” critica italiana. La più importante tra queste, fu sicuramente “Chi lavora è perduto”, ritratto anarcoide di un giovane in lotta con i conformismi della società che, tra l’altro, segnò l’inizio del suo status di censurato speciale: a Brass fu imposto di rigirare la pellicola (che originariamente si chiamava “In capo al mondo”) ma il regista per tutta risposta cambiò solo il nome. Al clima di quegli anni appartengono anche “Col cuore in gola”, del 1967, “Nerosubianco”, – con allusivo richiamo al termine “eros” -, 1969, “L’urlo” e “Dropout”, del 1970, e “La vacanza”, girato nel 1971”.

“Il “dopo Chiave”, invece, (anticipato da “Salon Kitty” e “Caligola”, con le interpretazioni d’eccezione di Ingrid Thulin e Helen Mirren) sarebbe stato meno impegnato ed esclusivamente all’ombra del sesso e delle sue nuove sacerdotesse, sempre più giovani e inedite leve, ad eccezion della Galiena di “Senso ‘45”, letteralmente da scoprire. Serena Grandi, Debora Caprioglio, Claudia Koll e Francesca Dellera sono solo alcune delle attrici lanciate negli ultimi vent’anni. “Infedele” sullo schermo, nella vita Brass è stato protagonista di un lunghissimo sodalizio con la moglie Carla Cipriani, detta Tinta, morta nel 2006 dopo ben cinquant’anni di matrimonio. Di questi tempi, una vera e propria trasgressione. D’altronde per il regista più eretico del cinema italiano non sarebbe potuto essere altrimenti”.

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Lorenzo Briotti