POTENZA – Ci ha pensato il sole di luglio, caldo e forte, a spazzare via per un giorno la puzza d’umido di quel sottotetto e il freddo di quelle coltellate: ci ha pensato mamma Filomena, dopo 18 lunghi anni, a benedire la figlia Elisa, e quella bara bianca che ne conserva i resti, e a tenere uno dei fiori bianchi. Per ricordare un funerale all’aperto che oggi Potenza, con migliaia di persone, ha celebrato nel dolore, ma che questa città ha atteso per molto, troppo tempo.
Cosa sia successo nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza il 12 settembre 1993 – giorno della scomparsa e dell’omicidio di Elisa Claps – e cosa sia accaduto fino al ritrovamento del corpo, il 17 marzo 2010, sarà il Tribunale di Salerno a stabilirlo, nel processo (con rito abbreviato) che si celebrerà a partire dal prossimo 8 novembre. E che vede un unico indagato: Danilo Restivo che nei giorni scorsi è stato condannato all’ergastolo da una corte inglese per aver ucciso una sua vicina di casa.
Ma oggi non è il giorno dei giudici e dei ‘gialli’. Oggi è il giorno del dolore che serve a Potenza per chiudere un capitolo triste della sua storia. La storia di una città che ha cercato questa ragazza scomparsa in tutto il mondo, e poi l’ha ritrovata in una chiesa, a pochi passi da dove era stata vista per l’ultima volta.
Il giorno dell’addio comincia poco dopo le 9: la bara di Elisa esce, nel silenzio, dalla camera ardente allestita ieri nel liceo classico ‘Flacco’, che ragazza frequentava prima di essere uccisa, a 16 anni, a coltellate.
Passando in via Mazzini, il corteo funebre si è fermato davanti alla casa della famiglia Claps, per permettere a quelli che erano i suoi vicini di casa di salutarla con un bacio, con qualche petalo di rosa bianca e con tanti lenzuoli alle finestre.
Gli stessi lenzuoli esposti sui balconi – accanto ad alcune bandiere italiane listate a lutto – che circondano piazza Don Bosco, dove il feretro giunge intorno alle 9.30. Stavolta, però, la città la accoglie con un lungo e commosso applauso, che ”scorta” la bara bianca fino all’altare, e sotto una gigantografia di lei sorridente: le esequie sono state celebrate all’aperto perche’ mamma Filomena non voleva che Elisa entrasse in una chiesa.
”C’è stata troppo tempo”, ha ripetuto più volte. Ma il funerale religioso, quello sì. Ed è stato celebrato da don Marcello Cozzi, il responsabile regionale di ‘Libera’, l’associazione di don Ciotti che lotta contro la mafia, che per anni è stato accanto alla famiglia.
Sono sue le parole, di fuoco, che hanno ammonito la piazza, la città, e l’intera regione: ”Elisa – ha detto il sacerdote celebrando l’estrema funzione – è un fiore reciso che qualcuno ha lasciato marcire in un angolo. La verità su questa vicenda è stata oggetto di baratto”.
Il nome dell’assassino non viene fatto, ma il riferimento del sacerdote è duro, ed è a quel ”Caino fuggiasco, in una Basilicata dove la verità è stata lasciata spesso sotto i tetti”.
Anche dopo l’omelia, la città ha pianto Elisa, in modo composto e riservato, come è il carattere dei lucani. Lo stesso carattere di mamma Filomena, che riceve da don Cozzi l’ostia prima e l’aspersorio poi, e benedice la bara bianca. ”Buon viaggio, figlia mia” deve aver pensato. Oggi c’e’ il sole. Ai processi e alle sentenze ci penserà il freddo di un altro autunno.
le immagini dei funerali (foto LaPresse):