
ROMA – “La redazione di un quotidiano e la pagina Facebook possono essere ritenuti luoghi pubblici o aperti al pubblico? Dipende – scrivono Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani del Sole 24 Ore – Cosรฌ ha stabilito la I Sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza n. 37596 del 12 settembre 2014″.
L’articolo completo:
Il caso: un giornalista rivolgeva apprezzamenti volgari a sfondo sessuale a una collega sul luogo di lavoro, nonchรฉ li inseriva sulla pagina Facebook della medesima. Chiamata a decidere se tali comportamenti integrassero il reato di molestie – ove รจ necessario che la condotta avvenga in un luogo pubblico o aperto al pubblico, o per mezzo del telefono – la Corte ha risposto che la soluzione dipende da aspetti di fatto, annullando la sentenza d’appello per prescrizione. Per quanto riguarda la redazione del giornale, vi era stato un pendolarismo nelle decisioni di merito: mentre il Tribunale aveva escluso che gli uffici fossero luogo aperto al pubblico, la Corte d’appello affermava l’esatto contrario, sostenendo che a una sede di un periodico possono accedere un numero indeterminato di estranei. La Cassazione non esclude che la tesi della sentenza di secondo grado possa essere astrattamente corretta, ma sottolinea come essa non abbia un’adeguata piattaforma probatoria. Su questo aspetto, รจ apprezzabile che la Corte richieda una motivazione puntuale anche sulla circostanza che la redazione fosse davvero un luogo “popolato” di estranei. Tuttavia, il collegio avrebbe potuto dare per acquisito che, di regola, la redazione di un quotidiano รจ luogo non aperto al pubblico. Quindi, la risposta sul punto avrebbe potuto essere non ยซdipendeยป, ma ยซno, salvo che mi provi il contrarioยป, con conseguenze giuridiche non di poco conto. Ma รจ la seconda questione che pare toccare uno degli snodi cruciali del diritto penale della nostra epoca. Il reato di molestie, nato in un contesto non digitale, oggi viene compiuto assai di frequente con mezzi elettronici. Si comprendono, quindi, i tentativi di rendere tale reato al meno astrattamente applicabile alle condotte realizzate con i nuovi strumenti. Cosรฌ, nella vicenda in esame, la Corte d’appello assimilava le comunicazioni via social network alle telefonate, con un’operazione che tuttavia non reggeva il confronto con il principio di tassativitร della norma penale. La Cassazione segue un’altra strada e cerca di verificare se Facebook possa essere considerato un luogo pubblico. In quest’ottica la Corte considera che se i commenti compaiono nella pagina privata, il reato non sussiste. Qualora, invece, la pagina Facebook non abbia limitazioni all’ingresso, essa ยซrappresenti una sorta di agorร virtualeยป a cui possono accedere un numero indeterminato di persone. Come ovvio, nel 1930 il legislatore non poteva immaginare l’avvento della rete ma, sempre secondo la Cassazione, ยซla lettera della legge non impedisce di escludere (tale piazza immateriale) dalla nozione di luogo che la sua ratio impone anzi di considerareยป. La soluzione individuata รจ, nei fatti, ragionevole e anche scritta con penna felice. Tuttavia, ogni estensione per via giurisprudenziale della disciplina penalistica tradizionale ai comportamenti attuati attraverso la rete si presta a un’obiezione di fondo, ovvero al dubbio che sia violato il principio di legalitร . E infatti, pure in questo caso la Corte ha dovuto ricomprendere nella nozione di ยซluogoยป, prevista dalla disposizione incriminatrice, i social network. E se nel linguaggio comune spesso questi ultimi sono definiti ยซluogoยป o ยซpiazzaยป, non si puรฒ perรฒ certo dire che abbiano quelle caratteristiche di compresenza fisica delle persone a cui il legislatore pensava quando ha delineato i confini del penalmente rilevante. Ancora una volta ci troviamo di fronte a un dilemma: attendere l’intervento di un legislatore pasticcione e inadempiente, o proseguire con l’opera creativa della giurisprudenza, al prezzo perรฒ di “forzare” il significato delle parole e cosรฌ svilire un principio di civiltร giuridica quale quello di tassativitร della legge penale.
