ROMA – “Alla fine – scrive Mario Giordano di Libero – è pur sempre una questione di culo. La differenza è che l’altra volta il culo l’aveva mostrato, questa volta ce l’ha avuto: fra tanti giornalisti bravi e disoccupati che non riescono a trovare un posto, lei ne ha trovato uno importante, davvero di prestigio”.
Lavorerà infatti nella squadra di Santoro. Comincerà lunedì. Paola Bacchiddu, ex portavoce della lista Tsipras, cacciata durante l’ultima campagna elettorale perché aveva pubblicato una sua foto in bikini, ora ha una grande occasione per dimostrare le sue doti professionali, dopo aver dimostrato quelle fisiche. E pare che per l’occasione Michele abbia già cambiato la sua canzone: addio Bella Ciao, quest’anno si canta «Chiappetta Rossa la trionferà». Dal lato B del corpo alla serie A del giornalismo, insomma: del resto è noto che per fare inchieste bisogna mettere a nudo la verità. Se poi, oltre che la verità, si mette a nudo anche sé stessi, beh, che male c’è? La Bacchiddu va capita: alla vigilia del voto europeo era disperata perché, da addetta stampa, non riusciva a far stampare nemmeno una notizia su quegli intellettualoni che si erano candidati con Tsipras. Già il nome della lista, per dire, era respingente, più vicino a un farmaco ansiolitico che a una formazione politica.
I candidati, poi erano attraenti come una pedata negli stinchi. E per completare l’opera questi geni organizzavano le conferenze stampa a Ventotene, che fa molto chic perché ricorda Altiero Spinelli, ma non è proprio a portata di mano. Né particolarmente popolare. Così la Bacchiddu decise di diventare Chiappetta Rossa: non trovando notizie gustose da fornire ai colleghi, si trasformò essa stessa in notizia. Si fotografò con il deretano al vento e disse: «Ecco, ora parlate di me». Fu forse una delle rare circostanze della sua carriera in cui, a detta di tutti, ci prese davvero. In effetti, tutti parlarono di lei. Però l’iniziativa non piacque agli intellettualoni del farmaco ansiolitico, che al contrario si adirarono non poco. Anche perché capirono che il culo della loro portavoce era spendibile nei media meglio di tutti i loro nuovi proclami di Ventotene. Non fu un bel momento.
E poi come metterla con tutte le menate che s’erano fatti sul corpo delle donne, la Lorella Zanardo candidata, il velinismo come simbolo del berlusconismo da abbattere, il nudo come atto violento, tutta quella lotta boldriniana contro le miss e contro gli spot con le ragazze in reggiseno? Così Barbara Spinelli decise di intervenire e si autoproclamò Compagna Bacchettona: lei mostra la chiappa, io le taglio la testa. La Bacchiddu fu licenziata. Va anche detto ad onor del vero che la giornalista ebbe modo di vendicarsi abbondantemente subito dopo il voto. Infatti la Spinelli, con una giravolta memorabile e contraddicendosi in modo meschino, si catapultò sulla ricca poltrona di Bruxelles. Aveva detto: «Mi candido, ma se eletta lascio il seggio». Poi fece due conti, cedola dello stipendio alla mano, e in nome dei valori (ideali e monetari) cambio idea. «Si chiama truffa», attaccò la Bacchiddu.
E molti sui social network le diedero ragione: «Altro che un bikini, ecco che cos’è davvero indecente: il comportamento della Spinelli». Come potete notare è una meravigliosa saga questa, in cui la sinistra sta dando il meglio di sè: le chiappe, le poltrone, i soldi, i veleni… E nella saga della sinistra non poteva mancare il Microfono Rosso per eccellenza, Michele Santoro della Sette, che con slancio di generosità senza pari ora offre un posto alla giornalista smutandata. Per fare cosa? L’opinionista? La reporter? La cubista? Non si sa, «Vado per imparare», dice lei. Che però ha 39 anni, cioè non proprio l’età dell’apprendimento pre-scolare. Nella redazione pare che qualcuno cominci a fare battute sul suo conto: «Non è che ci lascerà pure noi in mutande?».
Oppure: «Vuol dire che quest’anno ci giochiamo il sedere?». Sconsolati gli altri aspiranti giornalisti che da tempo speravano in un posticino da Santoro e che si sono visti scavalcati di botto in graduatoria da Chiappetta Rossa. Del resto, come dicevamo, devono rassegnarsi al fatto che è sempre una questione di culo: c’è chi ce l’ha. E chi se la prende nel.