
ROMA – Prima gli abusi sessuali da parte dello zio da quando aveva 6 fino a 16 anni. Poi lo stupro in metro e altre violenze. Simona Riso, la ragazza di 28 anni che si è tolta la vita lo scorso 30 ottobre all’Infernetto a Roma, aveva una vita segnata da violenze e abusi. Queste le rivelazioni di Michela Allegri e Raffaella Troili che sul Messaggero ricostruiscono la vicenda della giovane.
Un “lupo dagli occhi azzurri” la perseguitava nei suoi incubi fino a quando il dolore, la paura e la rabbia non hanno avuto la meglio e Simona si è tolta la vita, lei che ai medici raccontava:
“lupo che la inseguiva, «anche se invecchiato, a volte riesco a piangere vicino a lui», quelle voci che sentiva solo lei e che la offendevano, non le davano scampo, «sono la rabbia verso chi mi ha fatto del male e il dolore che mi ha dato chi non ha creduto in me»”.
La ragazza ai medici del San Giovanni che l’avevano in cura, e che sono indagati per la sua morte, ha raccontato di essere stata violentata e tracciava un confine:
“«prima ero una bambina simpatica, vivace. Poi dopo i 6 anni sono diventata chiusa, dipendente, insicura». A sei anni, nella sua vita era entrato il lupo. Per fortuna, alla fine chi sapeva, gli amici, la sorella, i medici, hanno raccontato quel che aveva confidato a loro. Di quello zio, muratore, fratello del padre, che per dieci anni, dai 6 ai 16 anni l’ha palpeggiata, legata, violentata. Non era il caso di archiviare, l’omertà aveva già fatto vittime. Ora gli atti, per far luce sull’accaduto sono stati inviati nella sua terra, alla procura di Vibo Valentia”.
E i sensi di colpa di cui la giovane soffriva non l’hanno aiutata:
“«Aveva sensi di colpa, riteneva di sedurre gli uomini, che poi la picchiavano e approfittavano di lei», racconta agli investigatori il primario di psichiatria del San Camillo. Nel 2011 la giovane confida d’esser stata vittima di altre violenze. «Aveva provato a togliersi la vita, più di una volta», comincia a rompere il silenzio un amico. «Vedeva un lupo che ringhiava, mostrava i denti e la fissava. Questa visione la terrorizzava a tal punto da bloccarla dalla paura, da farla svenire dal terrore». Il lupo è la raffigurazione del trauma infantile”.
Le cartelle cliniche di Simona parlavano degli abusi:
“di disturbi legati a «traumi infantili, abusi sessuali, dai 6 ai 16 anni». E di «violenze importanti», forse il carnefice «un pedofilo, perché ha smesso quando a 17 anni, arrivano le mestruazioni»; e «forse altre nipoti, sono state oggetto delle sue attenzioni»”.
Poi le altre violenze:
«Ha subito una violenza sessuale, in stato di ebbrezza, all’età di 19 anni da parte di un trentacinquenne e uno stupro nel 2010 da parte di tre uomini di nazionalità marocchina, sotto alla metropolitana a Tiburtina». Ma è soprattutto un episodio a colpire: Simona racconta allo specialista di avere lavorato come accompagnatrice e che un datore di lavoro avrebbe abusato di lei, procurandole una gravidanza indesiderata e costringendola ad abortire.
A raccontare però la brutalità delle violenze oggi è Nunzia, sorella di Simona, che ricorda le attenzioni dello zio:
“«Quando aveva sei anni è stata ripetutamente molestata da nostro zio, fratello di mio padre. Me l’ha raccontato nel 2009. Palpeggiamenti e strofinamenti. Questi episodi sono continuati negli anni successivi, di tanto in tanto, quando lo zio tornava in Calabria nel periodo estivo. Lui e sua moglie, per motivi di lavoro, abitavano in Svizzera. Lavorava come muratore. Ogni anno, nella seconda settimana di luglio, tornavano a San Calogero per circa tre settimane. L’ultimo episodio nell’estate del 2003, quando io e Simona ci siamo recate in Svizzera in vacanza. Eravamo ospiti loro, e mentre io e mia zia ci siamo allontanate per andare al supermercato, Simona è stata nuovamente molestata… In più circostanze Simona mi aveva confidato di sentirsi rammaricata perché non aveva avuto la forza di ribellarsi con fermezza. Mi ha addirittura detto che alcuni episodi, meno evidenti, erano avvenuti anche in mia presenza»”.
Anche la sorella sarebbe stata avvicinata dallo zio quando aveva 17 anni, ma si oppose con forza e lui spostò le sue attenzioni su Simona, la più piccola, raccontano ora gli amici:
“«immobilizzata al letto o a una sedia, a volte drogata». Ed è chiaro, dalle intercettazioni, che madre e sorella hanno sempre custodito il suo segreto, pensando di proteggerla”.
