ROMA – Non solo sesso con i trans per evitare “guai con la giustizia” ma anche con la moglie di un detenuto “per ottenere il permesso di un colloquio in carcere con il suo uomo”. E’ l’ultima accusa, riportata dalla Stampa, nei confronti di Roberto Staffa, pm di Roma (ora sospeso dal servizio), già accusato di concussione, corruzione e rivelazione del segreto d’ufficio.
La Stampa ricostruisce la genesi della vicenda:
“Tutto comincia circa un anno e mezzo fa: un viado brasiliano viene arrestato durante un blitz dei carabinieri contro la prostituzione all’Eur. Durante l’interrogatorio per il fermo, il trans prima racconta dell”amicizia’ con Staffa, poi sporge una regolare denuncia. Il pm avrebbe preteso e ottenuto da lui e altri quattro transessuali rapporti intimi in cambio di diverse ‘protezioni’. A partire dall’aiuto per ottenere il permesso di soggiorno per ‘motivi giudiziari’, fino al parere favorevole per la scarcerazione, passando anche per la rivelazione dei carichi pendenti, consultando il Registro generale della Procura. La pm Barbara Zuin, che ha raccolto il racconto del viado, ha trasmesso la segnalazione, d’intesa con il procuratore della capitale, ai colleghi di Perugia, competente per i reati commessi o subiti dai magistrati romani”.
A quel punto il pm di Perugia ha fatto mettere delle microspie nell’ufficio di Staffa. Da quei filmati sarebbe venuto fuori, scrive La Stampa, “il ricatto nei confronti di una donna”. Si tratta della moglie di un arrestato che “si è concessa al magistrato per ottenere il permesso di un colloquio in carcere con il suo uomo”.
L’avvocato difensore di Staffa, Salvatore Volpe, ha definito il pm “un galantuomo assoluto, un magistrato che ha sempre anteposto il dovere e gli impegni professionali alle esigenze personali”.
Il ministro della Giustizia, Paola Severino, ha chiesto gli atti del procedimento alla Procura di Perugia per le eventuali iniziative di carattere disciplinare.
