MILANO – Spacciandosi per un santone in grado di guarirla, avrebbe violentato più volte una donna di 30 anni affetta da una grave malattia genetica che le provocava dolori lancinanti alla testa e alle gambe. Con quest’accusa Ulrik Andersen, operaio danese disoccupato di 47 anni, è stato condannato con rito abbreviato (e quindi con lo sconto di un terzo della pena) a cinque anni di carcere per violenza sessuale aggravata e lesioni. Andersen è stato invece assolto dall’accusa di circonvenzione di incapace.
Le violenze, secondo l’accusa, sono avvenute a Trezzano sul Naviglio (Milano) tra la fine del 2011 e l’estate del 2012. L’uomo avrebbe stuprato la donna anche due o tre volte alla settimana sostenendo di essere in grado di ”trasmettere l’amore di Dio attraverso rapporti non protetti”.
Andersen era stato arrestato il 6 novembre del 2013, dopo che la donna, convinta dalla sorella e da una amica con cui si era confidata, lo aveva denunciato. La donna si era decisa a confidarsi con loro dopo che l’uomo l’aveva minacciata di far ammalare la sorella se non gli avesse portato una ragazza vergine.
L’avvocato di Andersen, Leonardo Tammaro, aveva invocato l’assoluzione affermando che sotto accusa c’è solo “sesso indiscriminato fra persone consenzienti”. Dopo la sentenza si è detto “basito” perché da un lato
“dagli atti emerge con chiarezza quantomeno il dubbio che Andersen, anziché essere un mago a tinte nere così come dipinto dalla Procura, sia invece un soggetto di facile e indiscriminato impulso sessuale rivolto non solo a donne vulnerabili, ma a tutte le donne”, e dall’altro perché “sia l’accusa di circonvenzione di incapace sia quella di violenza sessuale con abuso del consenso presuppongono l’accertamento della minorata capacità della vittima, per cui o condanni per tutto o assolvi per tutto”.