La sinistra in Europa sta vivendo una crisi senza precedenti, secondo il verbo di David Miliband, ex ministro degli Esteri di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra, che per alcuni anni era stato designato come il delfino e l’erede di Tony Blair a capo dei laburisti.
Sembra un’epidemia che spazza l’Europa: dalla Gran Bretagna alla Svezia, dalla Germana alla Francia, dall’Olanda all’Italia, in paesi che rappresentano il cuore storico della socialdemocrazia, a governare ora sono partiti di centro-destra, una situazione che non si verificava dalla Prima Guerra Mondiale, ma da cui, assicura Miliband, si può venir fuori. Basta solo un po’ di coraggio.
L’occasione per l’offensiva di Miliband è stato un discorso alla London School of Economics. L’ex Segretario di Stato per gli Affari Esteri e del Commonwealth nel governo guidato da Gordon Brown (2007-2010) ha fatto notare come i partiti di sinistra stanno perdendo consensi sia all’estrema sinistra sia a destra, al governo come all’opposizione, nei sistemi maggioritari come in quelli proporzionali. Il dominio della destra è schiacciante. La causa è nota: “I partiti di sinistra si frammentano mentre quelli di destra rimangono uniti”.
Basta dare uno sguardo, in Italia, al Partito democratico e l’affermazione di Miliband sembra calzare a pennello. Pensiamo alle critiche mosse al partito da due dei più autorevoli dirigenti, che hanno inferto un notevole colpo all’autostima e alla credibilità del partito. Matteo Renzi, sindaco di Firenze già leader dei “rottamatori”, ha dichiarato che la raccolta di firme per chiedere le dimissioni del presidente del Consiglio è stata “inutile”. Salvo poi specificare che “per mandare a casa Berlusconi dobbiamo essere capaci di spiegare che quando andremo al governo noi saremo capaci di fare questo, questo e quest’altro”.
A rincarare la dose ci ha pensato Sergio Chiamparino Nel backstage di una trasmissione radiofonica il sindaco di Torino ha dichiarato che “il Pd non ha futuro”. Questo è avvenuto proprio nel giorno in cui il segretario del partito Bersani aveva riunito tutti gli amministratori e i candidati con l’obiettivo di mostrare di essere pronto a dare “una spallata” al governo nelle elezioni amministrative di maggio.
Miliband parla forte dell’esperienza fatta sulla sua pelle. Nelle primarie per la leadership laburista, lo scorso maggio, David è stato battuto a sorpresa da suo fratello minore Ed. In molti pensano che sia stato un errore per il Labour, e che David, non Ed, fosse il leader migliore per riportare il partito al governo. David però si è fatto da parte e ufficialmente appoggia il fratello.
La sinistra, spiega Miliband, vinceva negli anni Novanta, in quegli anni definiti NICE (non inflationary continuous expansion, crescita continua non inflazionistica). Ora siamo nel decennio chiamato GRIM (growth reduced with inflationary misery, crescita ridotta con miseria inflazionistica) ed è la destra a dominare. Se nel 1999 ben tredici degli allora quindici paesi dell’Unione europea erano governati dai partiti socialdemocratici, oggi la maggioranza del Vecchio continente è in mano alla destra.
Questa crisi, secondo Miliband, si produce per due ordini di ragioni. La prima è economica: le elezioni, si sa, si vincono catturando l’elettorato incerto. E negli ultimi anni i votanti incerti della classe media si sono spostati verso destra perché vogliono mantenere il proprio stile di vita e, in un momento di stretta economica e di fragilità sociale, non hanno intenzione di sacrificarsi per difendere o migliorare il sistema del welfare. La seconda ragione è politica. La maggioranza dei partiti di centro-destra, ormai, si sono attestati su posizioni più accettabili per la maggioranza dell’elettorato e, va detto, più simili a quelle della sinistra su temi come difesa dell’ambiente, gli aiuti ai paesi in via di sviluppo, i diritti dei gay. La sinistra quindi ha perso terreno anche sul piano delle idee. E, se a ciò si aggiunge l’incertezza creata dallo spettro dell’immigrazione, non è difficile capire perché il centro-destra ha il sopravvento.
Per quel che non dipende dalla forza degli eventi e della storia, la sinistra dunque deve fare autocritica. Deve, sostiene Miliband, ammettere di aver perso il controllo dell’agenda politica, rispetto a una destra nuovamente flessibile, e deve rinnovare gli argomenti chiave su come nutrire i valori nel villaggio globale, sempre più interconnesso e competitivo, poiché ad oggi non ha saputo rispondere ai cambiamenti che hanno investito l’economia e la società. Per uscire da questa situazione è necessario far fronte al suo deficit di idee e organizzazione.
Tornare a vincere si può, spiega Miliband, se la sinistra è riformatrice. “Quando i partiti di centro-sinistra fanno campagna elettorale come riformatori del settore privato, in nome dell’efficienza e non solo della giustizia, possono vincere. Quando presentano il governo come un alleato nella creazione di ricchezza e una difesa contro gli abusi dei privati, possono vincere. Quando si presentano come innovatori del settore pubblico, possono vincere”.
Conclude Miliband: “C’è dunque molto per cui combattere. E molto per cui valga la pena farlo. Perdere le elezioni è un danno per le persone che rappresentiamo, i paesi che abitiamo e, direi, anche per il mondo in cui viviamo. Soprattutto, non è inevitabile. È questa la vera lezione dell’ultimo decennio”.