BERLINO – E’ cresciuta in un Paese comunista, durante la dittatura, e oggi è diventata una delle donne più potenti del mondo e guida una delle potenze occidentali. Questa è Angela Merkel, il cancelliere tedesco, Iron Frau (la donna di ferro), die Mutti (la mamma).
Ma chi è la signora più potente d’Europa, la donna da cui dipende il destino della Germania, dell’Europa e di una buona parte dell’economia occidentale? Non è facile rispondere perché la Merkel, sebbene figura pubblica di prima grandezza, a differenza di molti politici, non ha mai fatto diventare la sua vita privata un’occasione di cicaleccio, mantenendo un confine ferreo tra le due sfere, pubblica e privata.
Il suo stile di vita sembra d’altronde l’antidoto stesso alle speculazioni del gossip, alle delizie dei rotocalchi, contraddistinto com’è da una banale, quasi intollerabile, normalità, confinante colla monotonia (lontana anni luce dalle mirabolanti imprese, sessuali e non, di un S. B.). Quando smette i panni del cancelliere, la Merkel passa il suo tempo preparando torte, facendo shopping, andando a vedere l’opera, a volte passeggiando in montagna.
Ma la vera Merkel è molto lontana da questo «santino» di un’integra donna sulla cinquantina. Chi la conosce o la segue da vicino, è colpito da altre caratteristiche. Da sempre il lavoro, svolto con dedizione ed impegno, è stato per lei il modo per soddisfare le sue ambizioni, quelle di una ragazza nata e cresciuta in una dittatura e diventata più tardi la donna più potente del mondo. Fin da bambina Angela ha voluto essere la prima.
All’inizio, a scuola, la prima della classe, quella che imparava il russo, e che vinceva un viaggio premio a Mosca. Poi, la prima all’Università, alla facoltà di fisica, e la prima nel suo laboratorio di ricerca. Infine la prima del partito. Ancora oggi, il suo perfezionismo causa qualche malumore ai colleghi ministri. Qualcuno confessa ai giornali una noia infinita nelle riunioni di lavoro, quando la Merkel analizza con minuzia tutti i punti di una proposta di legge.
Una grande voglia di lavorare non sarebbe bastata per raggiungere lo scranno più alto. Per arrivare dov’è oggi, la Merkel ha coniugato uno spirito stakanovista con un ambizione divorante ed un pragmatismo degno dei più grandi statisti. Secondo alcuni critici, nella sua vita politica, più che gli ideali hanno contato le strategie, la capacità di capire l’umore del suo popolo, e di adattarvisi (si veda da ultimo la questione del nucleare).
L’ingresso in politica della Merkel, in un movimento che sarebbe più tardi confluito nella CDU, data di quattro settimane prima della caduta del muro quando «non c’era più pericolo», sottolinea malignamente qualcuno. E quando Kohl, il segretario della CDU e mentore della giovane promessa, fu colpito dallo scandalo del finanziamento illecito nel 1999, mentre i dirigenti del partito esitavano ancora sul da farsi, la Merkel non esitò a «scaricare» pubblicamente il suo protettore con un editoriale su un celebre quotidiano. Un anno dopo la poltrona del leader politico, primo cancelliere della Germania unificata, diventava la sua.
Sono passati più di dieci anni, e la Merkel di strada ne ha fatta ancora parecchia. Oggi dalla sua ambizione e dal suo lavoro l’Europa attende molto, forse la sua stessa esistenza. Non possiamo che augurarci che l’Iron Frau, dietro il suo nordico pragmatismo, si spenda ancora per quei valori senza i quali l’Europa non potrà continuare a vivere.