Blair ancora contestato: a Londra salta un’altra presentazione del suo libro

Tony Blair

Prima Dublino, poi Piccadilly e adesso la Tate Modern: inseguito dai contestatori l’ex primo ministro britannico Tony Blair è stato costretto a cancellare un terzo appuntamento collegato al lancio del suo libro di memorie. La stilista Vivienne Westwood, gli artisti Kat Phillips e Tracey Emin avevano minacciato di scendere in piazza per protestare contro Blair in nome dell’opposizione alla guerra in Iraq e in Afghanistan. Il musicista Brian Eno e la stilista Katherine Hammett avevano chiesto alla Tate di revocare l’evento.

”La Tate è un edificio pubblico con una meritata reputazione di altissimo livello artistico. Tony Blair dovrebbe essere incriminato per crimini di guerra e la maggioranza del pubblico britannico è convinta che abbia mentito al parlamento per portare la Gran Bretagna nella guerra illegale in Iraq”, ha detto la Westwood.

Random House, la casa editrice delle memorie, ha informato gli invitati al ricevimento, che avrebbe dovuto tenersi in serata nei saloni del museo di arte contemporanea sulla riva sud del Tamigi. ”In un certo senso e’ triste”, ha detto lo stesso Blair intervistato alla Itv: ”Dovresti avere il diritto di poter firmare copie del libro o vedere i tuoi amici se ne hai voglia”.

Già il 7 settembre Blair aveva cancellato un appuntamento per la firma di copie del libro in programma oggi alla libreria Waterstone a Piccadilly. Sabato 4 settembre l’ex premier britannico alleato di George W. Bush nelle guerre in Afghanistan e in Iraq era stato accolto da violente proteste, scontri, lanci di uova e di scarpe a Dublino.

Nell’autobiografia “A Journey” Blair racconta a tutto tondo i suoi anni a Downing Street. ”Non vogliamo che i nostri ospiti alla Tate subiscano le conseguenze spiacevoli di una manifestazione”, ha dichiarato un portavoce dell’ex primo ministro.

Lindsey German, della coalizione pacifista Stop The War, ha però accusato Blair di ”fuggire spaventato”. E ha aggiunto: ”Chi dice che non dovremmo protestare ci nega il diritto di continuare a porre domande sulla guerra e nega i diritti degli iracheni che ancora oggi soffrono a causa delle politiche di Blair”.

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Alberto Francavilla