ROMA – Brexit, Gran Bretagna ci rimette. Ci rimette in soldi, mica in reputazione. Ci rimette in sterline, mica in chiacchiere e bandiere. Ci rimette in stipendi, posti di lavoro, redditi, consumi. Ci rimette soprattutto nelle zone industriali del paese. E chi lo dice? I soliti nemici della Brexit? I calcoli di parte degli amici e stipendiati dell’Europa Unita? I “mondialisti” che sono sempre pronti a diffamare e sporcare la sovranità delle nazioni che finalmente si liberano dai vincoli esterni? No, a calcolare che Brexit è un cattivo affare nel portafoglio dei britannici è uno studio (segreto) del governo…pro Brexit!
Non doveva essere reso pubblico, non doveva circolare quello studio sugli effetti materiali di Brexit quando Brexit sarà davvero (oggi l’addio della Gran Bretagna alla Ue è proclamato ma non attuato). Non doveva essere noto al pubblico ma il governo conservatore e pro Brexit di Londra l’aveva commissionato lo studio. Giustamente commissionato perché studiare, informarsi, calcolare è dovere di un governo (magari in Italia qualcuno penserà che è strano che un governo pro qualcosa incarichi di studiare gli effetti di quel qualcosa, da noi la verifica dei fatti è considerata fantasia opinabile e/o bestemmia blasfema). E i risultati dello studio dicono che…
Dicono che se Brexit sarà con litigio con la Ue (nessun accordo tra Europa e Londra) il calo del Pil britannico è da attendersi nell’ordine dell’otto per cento. Otto per cento, un’enormità. Fosse anche la metà, avesse sbagliato lo studio le proporzioni anche del 50 per cento, basterebbe un Pil a meno 4 per cento per far sentire spifferi e venti di disagio economico in ogni casa della Gran Bretagna.
Se invece ci sarà con la Ue accordo commerciale e finanziario e politico, allora il calo del Pil britannico sarà secondo o studio contenuto a meno 5 per cento. Lo studio dunque calcola che dallo stare nella Ue la Gran Bretagna guadagnava un circa 5 per cento del suo Pil. Era il vantaggio, non il pedaggio, dello stare in Ue. Anche qui, anche a dimezzare i calcoli dello studio, un 2,5 per cento del Pil come vantaggio dallo stare in Europa. Due e mezzo per cento, immaginate per un momento un’Italia che perde il 2,5 % del Pil. Un disastro di tasse in più o welfare in meno, un diluvio di nero e precarietà in più e lavoro stabile e vero in meno. Tanto vale un 2,5 per cento del Pil. Eppure in Italia, qui e oggi, sono in tanti che promettono di guidare il paese verso il meraviglioso obiettivo di una Italexit. E sono tanti quelli che si apprestano a votare per…rimetterci, almeno il 2,5 per cento del Pil.
Terzo scenario previsto dallo studio sugli effetti concreti di Brexit: la Gran Bretagna resta nel mercato unico, dimezza quindi l’effetto Brexit e perde solo un due per cento del Pil. Facciamo come sempre metà? facciamo che non vogliamo credere all’esattezza dei calcoli dello studio? Resta un danno pari a 1% del Pil britannico che non sono bruscolini.
Lo studio doveva restare segreto ma in fondo era il segreto di Pulcinella. Chiunque studi in concreto gli effetti economici dell’uscita di una singola entità nazionale da una intesa e alleanza sovra nazionale rileva danni e perdite per chi esce. Mica solo oggi, già ai tempi degli Egizi e dei Romani e in ogni tempo e latitudine. Mercati più ampi e liberalizzati, circolazione di più merci, persone, capitali, idee, tecnologie fanno e portano più soldi di meno circolazione di merci, persone, capitali, idee, tecnologie…
Era ed è il segreto di Pulcinella ma resterà comunque inattingibile per chi non fa studi ma professione di fede magica e scongiuri e danze della lira sperando che piovano banconote. E’ pieno di gente convinta che l’Italia da sola sul pianeta farebbe meglio, sarebbe più ricca, venderebbe più merci, attirerebbe più capitali, spezzerebbe le reni alla concorrenza. C’è perfino uno che va in giro a dire che lui al governo metterebbe i dazi sulle merci straniere. Sul petrolio, sul gas, sul grano, sui soldi? Già perché importiamo quasi tutto dal resto del mondo, compresi i soldi che finanziano e pagano la nostra spesa pubblica. E il made in Italy lo facciamo per venderlo all’estero mica per mangiarcelo in casa. Se mettiamo i dazi ai cinesi, agli indiani, ai tedeschi, agli americani…secondo i tifosi dei dazi alla frontiera cosa fanno i cinesi, gli americani, gli indiani, i tedeschi con le merci italiane?
E’ pieno per ogni dove di gente Italexit ci si guadagna. Ci vorrebbero per loro bravi terapisti e robusti assistenti sociali. Invece sono ogni sera in tv e finiranno dopo il 4 marzo in buon numero in Parlamento.