Crisi Ue, il patto ora è a 25. Fuori la Rep. Ceca. Sfida crescita

BRUXELLES, 30 GEN – L'Unione europea raggiunge un accordo sul nuovo Patto di bilancio, che rafforza la disciplina imponendo regole di rigore comuni sui conti, e sulla crescita e l'occupazione, ma perde pezzi per strada.

L'intesa sul nuovo 'Fiscal compact' e' stata raggiunta, dopo un negoziato piuttosto serrato, solo da 25 stati membri: oltre che la Gran Bretagna – fuori fin dall'inizio – a sorpresa anche la Repubblica Ceca non ha sottoscritto l'accordo, pur precisando che potrebbe ritornare sui suoi passi. Mentre la dichiarazione conclusiva sulla crescita e l'occupazione e' stata approvata da tutti, tranne la Svezia il cui premier che guida un governo di minoranza, ''per ragioni parlamentari'', non e' stato in grado di sottoscriverla. Tutti e 27 hanno invece firmato l'intesa sul nuovo fondo salva-stati Esm.

Il pareggio di bilancio diventa una ''regola d'oro'' per i 25 paesi della Ue che accettando il nuovo Patto hanno accettato di inserire l'obbligo dell'equilibrio dei conti nelle Costituzioni nazionali o in leggi equivalenti e si sono impegnati a fare scattare sanzioni 'semi-automatiche' in caso di violazione. I paesi che hanno un debito superiore al tetto fissato da Maastricht del 60% sul Pil si sono impegnati inoltre ad un piano di rientro pari ad 1/20 l'anno, tenendo pero' conto -come chiesto dall'Italia – dei fattori attenuanti gia' previsti dal six-pack, il pacchetto di disposizioni sulla nuova governance economica.

L'accordo sul nuovo Patto e' stato tenuto in sospeso per alcune ore dalla Polonia, che – contestata dalla Francia – chiedeva di partecipare a tutti i summit dell'Eurogruppo. Alla fine ha prevalso un compromesso: gli eurosummit sono stati portati da due ad almeno ''tre'' l'anno, e uno di questi sara' aperto ai paesi non-euro. Il compromesso non e' pero' bastato a Praga, che ha anche problemi interni.

I leader riuniti a Bruxelles, paralizzata dalla prima neve e da uno sciopero generale contro l'austerita', hanno dato il via libera alla creazione del fondo salva-stati permanente Esm, che dal primo luglio sostituira' quello provvisorio Esfm, rinviando pero' al vertice del primo di marzo la decisione sulle risorse (500 miliardi, come vorrebbe la Germania, o almeno 750 come chiedono altri paesi, Italia inclusa, la Commissione e il Fmi). Ed hanno soprattutto discusso di crescita e di occupazione perche' – hanno scritto nelle conclusioni – ''stabilita' finanziaria e consolidamento di bilancio sono ''condizioni necessarie per la crescita, ma non sufficienti''.

''Bisogna fare di piu' affinche' l'Europa superi la crisi'', affermano i leader. La difficolta' della Grecia a raggiungere un accordo con i creditori privati e le polemiche suscitate dal documento tedesco che chiede un commissariamento di fatto di Atene, sono stati i convitati di pietra: la questione e' stata discussa ''informalmente'' a cena, dopo voci non conferemate che si sono rincorse per tutto il pomeriggio su un nuovo summit dell'Eurogruppo l'8 febbraio interamente dedicato al caso greco.

A ricordare che non c'e' solo la strada dell'austerita', ci hanno pensato i sindacati belgi che hanno presentato simbolicamente il primo eurobond ai capi di Stato e di governo. Mentre il presidente dell'Europarlamento Martin Schulz ha reiterato la richiesta di Strasburgo di introdurre subito una Tobin tax sulle transazioni finanziarie.

Il presidente della Commissione Ue ha presentato un rapporto dettagliato sulle prossime tappe per la crescita e l'occupazione che abbonda di freccette e grafici, ma scarseggia di risorse. Bruxelles e' pronta pero' ad accelerare l'impiego dei fondi europei non spesi: un tesoretto di 82 miliardi entro il 2013, di cui otto miliardi per l'Italia, che dovranno essere destinati a progetti di creazione di posti di lavoro soprattutto giovanile. Barroso ha proposto di inviare un team di esperti della Commissione in Italia e in altri sette Paesi ad alta disoccupazione, tra cui Grecia e Spagna, che lavorera' con governi e parti sociali per valutare progetti di lavoro anche con l'aiuto dei fondi Ue non spesi.

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Emiliano Condò