La Gran Bretagna, dopo 13 anni di governi labour, sceglie i Tory ma si avvia anche ad abbandonare il rigido modello bipolare: si va verso un Parlamento “appeso”, “paralizzato”, in cui nessuna delle forze in campo riesce ad avere la maggioranza assoluta. Una circostanza che non accadeva dal 1974 al conservatore Edward Heath.
Secondo gli exit poll diffusi dalla Bbc, David Cameron avrebbe vinto le elezioni ma non sarebbe riuscito a conquistare la maggioranza assoluta. Il fato vuole, invece, che i primi tre seggi scrutinati abbiano decretato la vittoria del candidato labour. Sia a Houghton and Sunderland South, a Washington and Sunderland West e nel Sedurland Central i labour hanno ottenuto la maggioranza con 19.000 voti contro gli oltre 8.000 dei Tory.
Secondo gli exit poll, però, sarebbero i Tory ad aver conquistato la Gran Bretagna, seppure con una maggiornaza risicata. I conservatori avrebbero ottenuto infatti 305 seggi (nei primi exit poll erano 307), i Labour 255 e i Lib-dem 61 (inizialmente erano dati a 59). Se i dati delle previsioni verranno confermati, i Tory non potranno governare da soli. Nè, tantomeno, i Labour e i Lib-dem alleati riuscirebbero a raggiungere i 326 seggi necessari per avere la maggioranza assoluta. Solo un’alleanza tra i conservatori e il partito di Clegg, allora, potrebbe dare stabilità alla camera dei Comuni britannica oppure un accordo tra Tory e Labour.
I labouristi pensano a un’alleanza con i Lib-dem. Secondo la costituzione è proprio il vecchio partito di governo, in questo caso i laburisti, ad avere il diritto di tentare per primo di formare un nuovo esecutivo in caso dalle urne non esca un risultato netto. Fonti di Downing Street hanno fatto sapere che se i risultati reali confermeranno le proiezioni, il premier Gordon Brown è pronto a tentare di formare un governo di coalizione.
Alcuni ministri del Labour già nella tarda serata di giovedì hanno avanzato la possibilità di una coalizione con i lib-dem, che permetterebbe al premier uscente Brown di restare, malgrado la vittoria dei conservatori e l’instabilità che ne deriverebbe. “Non credo ci siano problemi se si cerca di dare al paese un governo forte e stabile”, ha osservato in un’intervista alla Bbc il ministro del Commercio, Peter Mandelson, numero due del governo. Gli fa eco il titolare dell’Interno, Alan Johnson: “Se la volontà del popolo è che nessun partito abbia la maggioranza assoluta, è nostro dovere comportarci da politici adulti e maturi. Penso che abbiamo parecchie cose in comune con i liberaldemocratici”.
Ad escludere questa possibilità è George Osborne, cancelliere-ombra del partito Conservatore: “Se gli exit poll dovessero essere confermati – dice alla Bbc – non vedo come il New Labour potrebbe continuare a stare al governo. Non credo che i laburisti possano formare un governo. Dagli exit poll emerge un chiaro no al New Labour: questo è un chiaro voto per il cambiamento. David Cameron è pronto a fare quello che serve per creare un governo forte”.
Lo stesso Cameron si è detto entusiasta e ai microfoni di Sky ha affermato: “Questa è una vittoria decisiva per i conservatori, con questo risultato possiamo governare. Il risultato è un deciso rifiuto dei Laburisti e rappresenta il più grande cambiamento per la Gran Bretagna dal 1931”.
I Lib-dem. C’è stupore invece tra le fila liberaldemocratiche: i risultati degli exit poll sono “molto strani”, ha detto il portavoce liberaldemocratico delle Finanze Vince Cable.
In effetti le proiezioni smentiscono quanti pensavano a un forte balzo in avanti di Clegg. E’ stato il fenomeno della campagna elettorale, chiamato da alcuni anche l”Obama bianco’ per la sua carica riformista ed innovativa: ma se gli exit poll saranno confermati, Nick Clegg, il leader liberaldemocratico, emerge come il vero sconfitto di queste elezioni.
Intanto le urne dovrebbero aver chiuso, ma le code per votare continuano in alcuni seggi del Regno. Secondo la Bbc, nel collegio del leader lib-dem Nick Clegg a Sheffield così come a Leeds e a Newcastle la gente avrebbe aspettato in fila anche per tre ore. A Sutton Coldfield, nelle West Midlands, gli elettori sono stati chiusi dentro al seggio per permettere loro di votare. Tutti quelli che si sono presentati alle urne entro le 22.00 hanno comunque diritto di votare, anche se si trovano in fila. In alcune zone è dovuta anche intervenire la polizia. Nella contea di Manchester Withington circa 200 persone sono state fatte tornare nelle proprie case dalle forze dell’ordine.
Secondo SKy News in diversi seggi del Paese elettori che erano in fila alle 21:30 per votare sono stati allontanati. L’emittente ha mostrato un gruppo di cittadini furiosi con in mano il certificato elettorale a Sheffield Hallam, il collegio del leader liberaldemocratico Nick Clegg. “E’ assurdo che i nostri soldati muoiano per permettere agli afghani di votare, e nella nostra democrazia noi non possiamo farlo”, ha detto uno di loro.
Il caso in Irlanda. Peter Robinson, premier dell’Irlanda del Nord, ha perso il suo seggio di Belfast est a favore del leader di Alliance, Naomi Long. Robinson ha totalizzato 11.306 voti contro i 12.839 della Long. Robinson finì al centro dello scandalo che coinvolgeva la moglie: quest’ultima aveva ottenuto un prestito poco chiaro a favore del giovane amante.
Campagna elettorale e possibilità. I primi dati, arrivati alle 23 ora italiana, confermano ciò che era stato anticipato dai sondaggi. Ma questa campagna elettorale britannica è stata la più aspra da tanti anni. Dopo 13 anni di potere dei Labour molti hanno voglia di cambiamento. E allora i Tory sognano si poter conquistare il numero 10 di Downing Street, dove risiede il primo ministro britannico.
La campagna elettorale è stata caratterizzata, per la prima volta, da uno scontro a tre. Il nome nuovo, Nick Clegg, ha portato avanti nei sondaggi il partito liberaldemocratico che, adesso, potrebbe rappresentare l’ago della bilancia per un possibile governo di coalizione. E dire addio, quindi, al rigido sistema bipolare a cui la Gran Bretagna è abituata.
Il risultato definitivo è incerto e fino all’ultimo non si saprà nemmeno chi sarà il nuovo primo ministro. Non è un caso che anche la regina Elisabetta II abbia spostato alle 13 di venerdì l’incontro con il futuro premier. Un incontro, una investitura politica che nella prassi avviene invece nelle prime ore della mattina.
Le possibilità elettorali alle porte sono quattro: 1) i Tory si aggiudicano la maggioranza assoluta (326 seggi) 2) i Tory ottengono la maggioranza relativa e si profila un “hug parliament”, ovvero un parlamento appeso: Cameron dovrà scegliere se allearsi con i partiti nord irlandesi o con i Lib-dem di Clegg 3) i Tory ottengono la maggioranza relativa ma non riescono ad allearsi con altri partiti e formano un governo di minoranza 4) Nessun partito riesce ad ottenere una maggioranza assoluta e i Lib-dem di Clegg decidono di appoggiare i Labour, appoggiando Gordon Brown come primo ministro.
David Cameron. Ha dovuto affrontare le critiche dei tradizionalisti interni al suo stesso partito per il suo ambientalismo o l’attenzione alle minoranze, e le bordate degli avversari per la sua asserita inesperienza e per il retroterra agiato: ma David Cameron, ora a un passo da una storica vittoria dei Conservatori alle politiche, ha retto, migliorando la sua capacità di comunicare, la sua agenda politica e riuscendo ad apparire finalmente in contatto con le fasce meno privilegiate dell’elettorato britannico.
Figlio di un agente di borsa ed educato nelle migliori scuole private del Paese – Eton e poi Oxford – David Cameron, 43 anni (la stessa di Blair quando vinse nel 1997), è senza dubbio un membro dell’elite conservatrice del Regno. Ma sin dal primo giorno da leader è riuscito ad imprimere nei Tory quella spinta modernizzatrice necessaria a svecchiarne l’immagine thatcheriana del partito.
Parlamentare dal 2001, Cameron è diventato leader dei Conservatori nel dicembre del 2005, e da allora si è impegnato tra le altre cose a reclutare nelle file dei Tory il maggior numero di donne e di candidati appartenenti a minoranze etniche e a far abbracciare al partito nuove battaglie, come quella contro i cambiamenti climatici e quella per i diritti degli omosessuali.
Cameron ha sfruttato lo scandalo dei rimborsi spese gonfiati dei parlamentari per presentarsi come un “riformatore radicale” in grado di “ripulire” la classe politica. In seguito alla crisi economica, è stato però costretto a sostituire il suo iniziale messaggio di ottimismo con una retorica più sobria e persino austera.
Lui e il suo partito dovranno dimostrare che la ‘via conservatrice’ alla ripresa economica, che punta a risanare il deficit più velocemente, non si tradurrà in tagli drastici dei servizi pubblici, né in aumenti di tasse. Cameron ha sposato la moglie Samantha nel 1996 e con lei ha avuto tre figli: Ivan, affetto da epilessia e paralisi cerebrale, morto nel 2009 all’età di sei anni, Nancy, nata nel 2004 e Arthur nato nel 2006. Samantha ora è incinta di un quarto figlio, atteso per settembre.