MADRID – “L’euro è irreversibile”. Gli aiuti? “Se le modalità di intervento della Bce saranno positive per l’insieme dell’Europa, richiederò gli aiuti. Altrimenti no”: lo dice il premier spagnolo Marian Rajoy in un’intervista al Corriere della Sera.
Il leader popolare sembra quasi voler giustificare le proprie misure di governo: “Anche se non mi è affatto piaciuto imporre il ticket per i medicinali, togliere una mensilità ai dipendenti pubblici, aumentare Iva e Irpef e tasse scolastiche l’ho fatto in modo equo, perché chi ha di più, paga di più”. “Gli spagnoli mi hanno scelto per governare controvento, e a fine 2015 quando scadrà il mandato, “rischio di vincere”.
Sulla moneta unica e la sua sopravvivenza Rajoy pensa che i dubbi non nascono dai “fondamentali dell’economia”, ma dalla “lentezza a volte esasperante” delle istituzioni europee. “Il Consiglio europeo di fine giugno ha posto le basi di quella che sarà la nuova Europa. Abbiamo parlato di unione bancaria, unione di bilancio, autorità di vigilanza, interventi per la stabilizzazione dell’euro. Le decisioni hanno avuto l’appoggio di tutti. Possono esserci discrepanze sui tempi o su alcune iniziative concrete, ma sui fondamenti l’accordo c’è”, ha detto, lui che solo pochi giorni fa ha negato la richiesta di salvataggio alla Banca centrale europea.
“Con l’euro, sottolinea Rajoy, la Spagna è passata da 12,5 milioni a 20 milioni di occupati. Ora sono 17,5. Il benessere è aumentato in tutti i Paesi dell’Ue. Dobbiamo solo agire con intelligenza e perseveranza. L’euro però è irreversibile. Non ci farà più poveri.”
Il premier spagnolo sottolinea che “Sono soprattutto i dubbi sull’euro a provocare l’aumento dello spread. Quando si è tenuto il Consiglio europeo a fine giugno lo spread della Spagna è sceso di 70 punti in un giorno. Solo per un Consiglio europeo. Poi ci sono state delle dichiarazioni del presidente della Bce Mario Draghi e lo spread della Spagna è nuovamente calato di 70 punti. Quindi Draghi ha parlato ancora e lo spread è risalito”.
Rajoy ricorda che “Tutti hanno concordato sulla necessità di salvaguardare l’euro e sul fatto che i fondi e i meccanismi di stabilità aiuteranno i Paesi che rispettino le raccomandazioni del semestre europeo e gli obblighi contro il deficit eccessivo. La Spagna sta già seguendo queste direttive”. Così fa intendere che il comportamento spagnolo non cambierà nemmeno nel caso di una effettiva richiesta di intervento europeo.
Al momento, però, per rendere ufficiale la richiesta di salvataggio Rajoy sta “aspettando le decisioni della Bce”. Su quella base agirà “nell’interesse dell’euro e della Spagna” consapevole che “quando ci sono Paesi che si finanziano a tassi negativi e altri a prezzi insopportabili, vuol dire che qualcosa non va nell’unione monetaria”.
Il leader dei popolari spagnoli è intervenuto anche sulla crisi del modello semi federale spagnolo, accusato di essere uno dei responsabili del buco di bilancio. “La Spagna è un tutt’uno impegnato a raggiungere il 6,3% di deficit entro fine anno. Non sarà facile per le Regioni perché il 70% della loro spesa riguarda sanità ed educazione, i grandi servizi pubblici. Ma dobbiamo riuscirci. Per via della crisi, tra il 2008 e il 2010, la Spagna ha perso entrate fiscali per 70 miliardi di euro. La Catalogna, ad esempio, riceve il 50% dell’Irpef riscosso in Catalogna, il 50% dell’Iva e il 58% delle tasse speciali e ora dispone come tutti di meno risorse. Ma, come tutti, dovrà adattarsi. Il sistema delle autonomie, finora, è stato sostenibile. Lo rimarrà se non si spende più di quanto non incassa”.