Europa, socialismo al collasso. I problemi dei partiti di sinistra visti dall’America

Frank-Walter Steinmeier, leader dei socialisti tedeschi

Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del collasso lento del socialismo. A due giorni dalle elezioni in Germania, il New York Times analizza la situazione dei partiti socialisti nel Vecchio Continente.

Secondo il quotidiano statunitense, anche nel bel mezzo di una delle più grandi sfide al capitalismo negli ultimi 75 anni, con un crollo del sistema finanziario causato da “esuberanza irrazionale”, avidità e debolezza dei sistemi di regolamentazione, i partiti socialisti europei e i loro “cugini” di estrema sinistra non hanno trovato una risposta convincente, e non hanno approfittato dei fallimenti della destra.

Gli elettori tedeschi hanno mandato in rovina il Partito Socialdemocratico nelle elezioni di domenica, dandogli solo il 23 per cento dei voti: si tratta della peggiore performance dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi.

Gli elettori hanno punito anche i candidati di sinistra nelle elezioni del Parlamento europeo, oltre aver bocciato i socialisti francesi nel 2007. Nei paesi in cui è al potere, come Spagna e Gran Bretagna, la sinistra è sotto attacco. Dove si è fuori dal governo, come in Francia, Italia e ora la Germania, è divisa e svogliata.

Alcuni conservatori americani stigmatizzano la riforma della sanità del Presidente Obama, indicandola come una piega pericolosa verso il socialismo in stile europeo – ma è la destra europea, non la sinistra, a settare la sua agenda politica.

Infatti, spiega il New York Times, i partiti di centro-destra europei hanno abbracciato molte idee della sinistra: maggior attenzione alle politiche sociali, nazionalizzazione dell’assistenza sanitaria, restrizioni sulle emissioni di carbonio, delega della propria sovranità all’Unione Europea. Ma questi schieramenti hanno ottenuto più voti perchè hanno promesso di rispettare queste consegne in modo più efficiente rispetto alla sinistra.

Secono Michel Winock, storico presso l’Institut d’Etudes Politiques di Parigi, i conservatori europei «si sono adattati alla modernità». Quando Nicolas Sarkozy e Angela Merkel hanno condannato gli eccessi della “modello anglosassone” del capitalismo, stavano utilizzando idee socialiste che erano diventate dell’opinione pubblica.

In Portogallo, i socialisti hanno vinto le elezioni di domenica, ma hanno perso la maggioranza assoluta in Parlamento. In Spagna, i socialisti hanno ancora un po’ di credito per essersi opposti sia a Franco che alla guerra in Iraq. In Germania, la coalizione di sinistra, che comprende anche i Verdi, ha una maggioranza strutturale in Parlamento, ma i socialdemocratici, in crisi postelettorale, devono considerare l’alleanza con l’estrema sinistra, Die Linke, che ha radici nel vecchio Partito comunista della Germania Est.

Parte del problema, spiega Giovanni Sartori, professore alla Columbia University, è il muro «nella testa» tra tedeschi occidentali e orientali. Mentre i cristiano-democratici si sono spostati a est senza problemi, i socialdemocratici d’Occidente non hanno mai legato con gli ex comunisti. «Ciò spiega perché la Spd – dice il politologo italiano – che è sempre stato il più grande partito socialista in Europa, non può realmente mettere insieme queste due anime».

La situazione in Francia è ancora peggiore per la sinistra. Bernard-Henri Lévy, un noto socialista, ha detto che la sinistra «è già morta», anche se «nessuno, o quasi nessuno, osa dirlo. Ma tutti, o quasi tutti, lo sanno».

Il Partito socialista, che ha una lunga tradizione rivoluzionaria, è dilaniato da rivalità personali. L’ultima volta che il partito ha vinto le presidenziali è stato nel 1988. Nel 2007 Ségolène Royal ha perso la sfida con Sarkozy del 6,1 per cento, un margine piuttosto ampio.

La Royal ha poi perso anche la leadership del partito, a favore di Martine Aubry. Mentre la Royal vorrebbe spostare i socialisti verso il centro, estendendo la coalizione ai Verdi e al Movimento democratico di François Bayrou, la Aubry teme la diluizione del partito. La leader socialista è famosa per aver raggiunto l’obiettivo delle “35 ore settimanali” nell’ultimo governo socialista.

Il partito socialista francese «è intrappolato in una contraddizione senza speranza», ha detto Tony Judt, direttore dell’Istituto Remarque alla New York University. Da un lato ci sono le spinte radicali e il legame ad una vecchia idea di sinistra, dall’altro c’è la spinta della modernità che spinge ad una moderazione.

Persino Sarkozy ha ironicamente ringraziato la signora Royal, «che mi sta aiutando molto».

Enrico Letta, 43 anni, individuato dalla testata americana come una delle speranze della sinistra in Italia, ha affermato che «il socialismo è una risposta del secolo scorso». «Abbiamo bisogno di costruire un centro-sinistra pragmatico – ha spiegato – che offra un’alternativa attraente, e non solo un’opposizione».

Anche Judt sostiene che i socialisti europei hanno bisogno di un nuovo messaggio, che dica loro «come riformare il capitalismo», riconoscendo la centralità degli interessi economici.

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Alberto Francavilla