BRUXELLES, 9 DIC – Tutti la temevano, nessuno ufficialmente la voleva, ma l'Europa a due velocita' e' diventata da oggi una realta' che condizionera' l'architettura istituzionale futura dell'Unione europea. Il nuovo format e' a 26 contro uno. Da una parte, i 17 paesi della zona dell'euro e nove dei dieci stati che hanno scelto di mantenere le loro monete nazionali (Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania, ai quali si sono aggiunti in corsa Repubblica ceca, Svezia e Ungheria); dall'altro la Gran Bretagna, arroccata nella difesa dei propri interessi nazionali e della sua City finanziaria. I 26 hanno accettato di rendere vincolante il rigore di bilancio, iscrivendo la regola d'oro del pareggio nelle rispettive Costituzioni e prevedendo un regime di sanzioni automatiche per chi sgarra.
La piccola rivoluzione istituzionale e' stata sancita, per una curiosa coincidenza, nel giorno del ventesimo anniversario di Maastricht, uno dei trattati piu' importanti della storia europea al quale si deve l'avvio di quel processo irreversibile che ha portato in sette anni all'introduzione dell'euro. Non e' ancora chiaro su quale percorso giuridico nascera' la nuova ''Unione di bilancio'' e quali saranno le sue implicazioni istituzionali. Il presidente della Ue Herman van Rompuy ha spiegato che la sua adozione avverra' ''con un accordo internazionale'', come quello che ha creato il trattato di libera circolazione Schengen, al quale oggi aderiscono 22 paesi della Ue (tra i quali non c'e' la Gran Bretagna) e tre paesi europei ma non membri dell'Unione. In sostanza, con un patto volontario tra governi che accettano di condividere regole e vincoli, che si sovrapporranno ai Trattati esistenti senza pero' modificarli.
Semplice? assolutamente no. Anche perche' di fatto questo trattato a 26 creera' un nuovo ordine giuridico, al di fuori del quadro comunitario. A farne le spese, potrebbero esserne da subito la Commissione e il Parlamento europeo, che con il Consiglio rappresentano il triangolo istituzionale della Ue. Per continuare a giocare il proprio ruolo, anche nel quadro un trattato accettato solo da una parte degli stati membri, la Commissione europea dovra' ricorrere ad una misura speciale di delega, detta giurisprudenza ''Bangladesh''.
''Molte cose potranno essere fatte nell'ambito di questo trattato ma certe questioni sono giuridicamente complicate'', ha riconosciuto il presidente della Commissione Ue, Manuel Durao Barroso, costretto ad accettare una soluzione che avrebbe voluto diversa. ''Avrei preferito un accordo a 27'', ha detto Barroso, non celando una certa preoccupazione per il rischio che il trattato intergovernativo dia piu' potere ai governi (e quindi al Consiglio) a scapito dell'impianto comunitario che si basa sui poteri di iniziativa e vigilanza della Commissione.
Anche il parlamento europeo non nasconde inquietudini. Il leader dei liberal democratici Guy Verhofstadt non esclude di ricorrere alla Corte di Giustizia se il nuovo trattato finira' per togliere poteri all'europarlamento e al metodo comunitario. Insomma, anziche' semplificarsi, la geometria istituzionale europea si complica, diventando sempre piu' variabile. Con il rischio che a forza di rincorrere regole si perda di vista il cuore del progetto Europa.