Fondo salva Stati: conta più il “no” di 8 giudici tedeschi del “sì” di 17 parlamenti

Gli otto giudici della Corte Costituzionale tedesca (Ap-LaPresse)

KARLSRUHE, BADEN-WÜRTTEMBERG – Molti in Europa hanno paura che otto giudici vestiti di rosso dicano di “no”. Tanti sono i componenti di uno dei due Senati della Corte Costituzionale tedesca che potrebbero affondare l’Esm (European stability mechanism), il nuovo e più forte fondo “Salva-Stati” che dovrebbe aiutare i Paesi europei con difficoltà di bilancio. Che entrerebbe in funzione non prima di tre mesi, diventando quasi del tutto inutile, se i magistrati, capeggiati anche fisicamente da Andreas Vosskuhle (è alto due metri), giudicheranno ammissibili sei ricorsi (di 12 mila) presentati alla Corte contro la ratifica dell’Esm, già approvato dal Parlamento tedesco con oltre due terzi di voti favorevoli.

I ricorsi provengono dagli euro-scettici: sono cristiano-sociali (della Csu parte della maggioranza che sostiene la Merkel) come il deputato Peter Gauweiler, o sono partiti interi come Die Linke, che significa “la sinistra” ed è nato dalla fusione dei post-comunisti del Pds e di una costola sinistra della Spd capeggiata da Oskar Lafontaine. Secondo i ricorrenti l’Esm come il Fiscal compact (il patto di stabilità) violano una prerogativa del Parlamento tedesco, gelosamente difesa finora proprio dalla Corte di Karlsruhe: quella di decidere come spendere i soldi dei contribuenti.

Il dibattito è antico e il diritto comunitario non ha mai scritto la parola “fine” in proposito: la materia del contendere sono la cessione di sovranità dalle singole nazioni a un’entità sovranazionale come l’Unione europea e l’anemia democratica nei processi decisionali della Ue, peraltro già molto laboriosi nonostante si svolgano per lo più fuori dai Parlamenti nazionali ed europeo.

Non rassicurano le parole dell’alto (magistrato) Vosskuhle: “Non c’è molto spazio per cedere nuove competenze all’Unione europea. Per varcare questi limiti, servirebbe una nuova Costituzione, e quindi un referendum. Non si possono fare queste cose senza il popolo”. Non rassicurano perché… come si può contraddirlo? Se si rimanesse in punta di diritto, non ci sarebbe margine neanche per discutere.

Ma il ministro dell’economia tedesco Wolfgang Schaeuble l’ha messa su un altro piano: “Un rinvio dell’Esm potrebbe causare nuova, considerevole incertezza sui mercati e una notevole perdita di fiducia nella capacità dell’Eurozona di prendere le decisione necessarie nei tempi appropriati”. Lo ha detto proprio a Karlsruhe, davanti ai giudici che dovranno emettere quest’ardua sentenza.

Con un “no” verrebbe affossato l’Esm, che doveva già essere operativo da dieci giorni, il primo luglio. La Germania pesa per il 27,1% sui 500 miliardi di euro con i quali sarà “armato” il fondo. Per farlo entrare in funzione ci vogliono i “sì” di Paesi che contribuiscano per almeno il 90% della cifra complessiva a disposizione dell’Esm. Dei 17 Stati dell’Eurozona che dovevano approvare il fondo, 14 hanno detto “sì”, mentre due lo devono ancora ratificare, l’Estonia e l’Italia. E poi c’è la Germania, che ha detto “sì” col Parlamento ma è appesa al giudizio della Corte.

Basta il “sì” di Roma unito al “sì” definitivo di Berlino per sbloccare l’Esm. Non basterà però a risolvere le contraddizioni che paralizzano gli sforzi dell’Europa di salvare se stessa.

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