Mentre Pd ha votato contro, M5s ha votato sì all’emendamento sul Mes presentato dalla Lega e dal gruppo Identità e democrazia alla risoluzione al Parlamento europeo sulle conclusioni del Consiglio europeo straordinario del 17-21 luglio.
L’emendamento chiedeva di respingere un utilizzo del Mes finalizzato a stimolare l’economia in seguito alla crisi del coronavirus.
A favore dell’emendamento, poi bocciato, Lega, FdI e M5S. I dem hanno votato contrari insieme a Forza Italia.
Sono almeno tre i fronti ancora aperti nella maggioranza che, nonostante la ‘polizza’ da 209 miliardi rappresentata dal Recovery Fund, non consentono al premier Conte di dormire sonni tranquilli.
Il primo è rappresentato dal Mes. Il governo dovrà quanto prima esprimersi sull’opportunità di ricorrere al Meccanismo di stabilità europea con la clausola di utilizzare quei 37 miliardi per rimettere in sesto una sanità le cui falle sono apparse evidenti con la crisi del Coronavirus.
Su questo tema si è creato un fronte pro-Mes che va oltre la maggioranza che sostiene il governo e comprende il Pd, Italia Viva, Liberi e Uguali (pur con qualche eccezione) e Forza Italia. Un partito trasversale che, però, potrebbe non bastare ad assicurare il via libera del Parlamento.
L’altro fronte aperto è quello che riguarda il Piano di rilancio per l’Italia, una sorta di ‘lista della spesa’ contenente gli investimenti e le misure da finanziare con i 209 miliardi del Recovery Fund.
Una ‘conditio sine qua non’ per accedere a quelle risorse. Per questo il premier Conte ha già annunciato al creazione di una Task Force.
La sola definizione, tuttavia, ha sollevato un vespaio per l’assonanza con quel comitato tecnico presieduto da Vittorio Colao che avrebbe dovuto mettere a punto il piano di Rilancio.
Il terzo fronte dello scontro all’interno della maggioranza riguarda la legge elettorale, e qui il braccio di ferro è tra Pd e M5s, da una parte, e Italia Viva dall’altra. Il Pd e il M5s premono per recuperare l tempo perso con il lockdown e ripartono dal Brescellum, il sistema proporzionale con soglia di sbarramento nazionale al 5% su cui si era già raggiunto un accordo a dicembre.
Italia Viva, che pure aveva firmato l’accordo, ora frena bruscamente e chiede di rivedere l’intero impianto per trasformarlo in qualcosa di simile al modello del Sindaco d’Italia.
Ad essere investita del compito di mettere a punto un testo base è la Commissione Affari Costituzionali della Camera dove va in scena un braccio di ferro tra il Pd che, con Stefano Ceccanti, chiede la calendarizzazione del testo base da lunedì, mentre il centrodestra protesta e chiede che non sia solo la maggioranza a decidere il calendario dei lavori. (Fonti: Ansa, Agi)