BELGRADO – Insediandosi come premier a Belgrado, il leader socialista serbo Ivica Dacic, ex stretto collaboratore di Slobodan Milosevic (l’ex dittatore morto in carcere all’Aja nel 2006), ha chiesto alla comunità internazionale di non temere il ritorno di una alleanza politica che negli anni novanta portò il paese in guerra contro la Nato. Il nuovo governo, una coalizione a tre che vede largamente dominanti conservatori nazionalisti e socialisti, ha ottenuto l’atteso sì del parlamento di Belgrado.
A quasi tre mesi dalle elezioni generali del 6 maggio scorso si chiude un lungo periodo di incertezza e stallo politico che ha sostanzialmente bloccato il Paese, alle prese con una difficile situazione economica e interessato ad accelerare il cammino europeo oltre a riprendere il non facile dialogo con Pristina. Sono infatti proprio queste – integrazione europea, risanamento economico e crisi del Kosovo – le prime tre priorità indicate da Dacic nel discorso di programma tenuto giovedì sera in parlamento, prima del lungo dibattito in aula protrattosi per tutta la notte fino alle 5 del mattino.
Il premier Dacic – al quale ha inviato un messaggio di felicitazioni il presidente del consiglio Mario Monti – in un colloquio telefonico con il capo della diplomazia Ue Catherine Ashton, si è affrettato a rassicurare Bruxelles sul corso europeo della Serbia e sul prosieguo del programma di riforme necessarie a integrare l’Unione europea. Senza il risanamento economico tuttavia – ha osservato Dacic nella sua prima conferenza stampa – sara’ difficile per la Serbia raggiungere gli obiettivi strategici e internazionali che si è prefissato. L’occasione di una prima presa di contatto con il nuovo esecutivo serbo, a pochi giorni dal suo insediamento, l’avrà il ministro degli esteri Giulio Terzi, a Belgrado il 30 luglio.
In un messaggio fatto pervenire al suo nuovo collega Ivan Mrkic, Terzi si è detto certo della possibilità di ”rafforzare ulteriormente le relazioni strategiche fra i due Paesi. Le rassicurazioni della nuova dirigenza sull’orientamento filo-europeo della Serbia sono dirette anche a calmare dubbi e sospetti di taluni osservatori europei e occidentali, che vedono nella nuova coalizione di governo un possibile passo indietro e un ritorno alla fine degli anni novanta, quando i socialisti di Milosevic e Dacic (allora stretto collaboratore dell’uomo forte di Belgrado di cui è stato anche portavoce) erano alleati con Tomislav Nikolic, allora su posizioni ultranazionaliste, e divenuto a maggio nuovo presidente serbo.
Quattro anni fa Nikolic si era dissociato dalle posizioni più dure e oltranziste e aveva fondato una nuova forza politica conservatrice più moderata, il Partito del progresso serbo (Sns), vincitore delle elezioni di maggio, e che ha formato il nuovo governo in alleanza con il Partito socialista (Sps) di Dacic (che dal 2006 ha notevolmente riformato l’Sps in senso liberale) e il Partito delle Regioni (Urs) di Mladjan Dinkic. ”Il nostro governo guarda al futuro e non al passato”, ha più volte ripetuto Dacic nel suo discorso programmatico in parlamento. ”Non vogliamo più divisioni, ma intendiamo lavorare insieme per il bene della Serbia, che vuol essere fattore di pace, stabilità e riconciliazione nei Balcani”, ha rassicurato il nuovo capo del governo, che manterrà l’incarico di ministro dell’interno che aveva nel passato esecutivo di centro-sinistra.