MADRID – La Spagna volta pagina e torna al centrodestra: sull’orlo del precipizio del debito, sotto l’attacco della speculazione, in ginocchio dopo un anno di giri di vite antideficit, con un esercito di 5 milioni di disoccupati, il paese oggi ha chiuso l’era Zapatero e dato il potere con – secondo gli exit poll – una maggioranza assoluta in parlamento al capo dell’opposizione, il leader del Partido Popular Mariano Rajoy.
Secondo le rilevazioni della tv pubblica Tve, il Pp di Rajoy ottiene con il 43,5% una maggioranza fra 181 e 185 seggi su 350 nel Congresso dei deputati. Il Psoe di Alfredo Rubalcaba, 60 anni, l’erede di Jose’ Luis Zapatero, che non si ripresentava dopo sette anni al potere, esce umiliato dalla giornata elettorale con il 30% e fra 115 e 119 seggi, il peggiore risultato – se i risultati finali lo confermeranno – dalla fine del franchismo. Il Pp si affaccia su un potere quasi assoluto nel paese.
Controlla gia’ quasi tutte le regioni, le citta’ piu’ importanti meno Barcellona, e con la maggioranza assoluta in parlamento puo’ governare da solo, senza negoziare appoggi, a Madrid.
Rubalcaba, nominato candidato premier del Psoe in sostituzione di Zapatero in luglio, non e’ riuscito a salvare i socialisti da una storica sconfitta, impiombato dalla pesante eredita’ economica lasciata da Zapatero, di cui e’ stato vicepremier e ministro degli Interni fino a luglio.
Dell’emorragia dei voti degli ex-elettori socialisti delusi dal zapaterismo hanno beneficiato quasi tutti gli altri partiti: a sinistra Izquierda Unida, passa – sempre secondo gli exit poll – da 2 a 9/11 deputati, i nazionalisti catalani di Ciu da 10 a 13/15, il partito centrista Upyd di Rosa Diez sale da 1 a 3/4 seggi.
Nei Paesi Baschi la grande novita’ del voto e’ la forte affermazione del sinistra radicale indipendentista – assente alle politiche del 2008 – che con Amaiur entra in parlamento con circa 6 deputati. E’ la risposta degli elettori all’annuncio dell’addio alla lotta armata il mese scorso da parte dell’Eta.
Rajoy diventera’ formalmente il nuovo premier spagnolo, dopo la costituzione delle Cortes, attorno al 20 dicembre. Avra’ il difficile compito di cercare di ripristinare la fiducia dei mercati nell’economia del paese e allontanare lo spettro di un pericoloso salvataggio internazionale, dopo Grecia, Irlanda e Portogallo.
Negli ultimi giorni prima del voto ha garantito che il suo governo rispettera’ tutti gli impegni presi da Zapatero con l’Ue, in particolare quello di riportare al 4,45 il deficit nel 2013. Rajoy ha annunciato una politica di austerita’, ”tagli ovunque meno che per le pensioni”, riforme strutturali per risanare le finanze del paese e allontanarlo dalle secche della crisi del debito.
Il vincitore delle elezioni spagnole sa che non disporra’ di un ‘periodo di grazia’ e che dovra’ agire rapidamente. Secondo la stampa, gia’ nei prossimi giorni potrebbe indicare il nome del suo ministro dell’Economia, istituire un ‘pre-governo’ che avvii la transizione con il governo del premier Zapatero – con il quale il dialogo sulla crisi e’ gia’ attivo – e intensificare i contatti gia’ presi con Berlino e Parigi. Ex icona del socialismo europeo, Jose’ Luis Zapatero rimarra’ in carica per gestire gli affari correnti per 4 settimane.
Poco prima di Natale consegnera’ le chiavi della Moncloa al suo successore e, a 51 anni, si ritirera’ dalla politica attiva, come sei mesi fa il portoghese Jose’ Socrates, l’ex-premier socialista sconfitto alle politiche anticipate di giugno. Zapatero e’ il quinto capo di governo dei paesi della periferia dell’Eurozona, i Piigs, a cadere dall’inizio dell’anno. Prima di lui sono stati vittime della crisi e dei mercati l’irlandese Brian Cowen, in Portogallo Socrates, in Grecia Papandreou e, ultimo, in Italia Silvio Berlusconi.