La giunta dell’Associazione Nazionale Magistrati risponde con asprezza alle accuse lanciate dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi durante la trasmissione Ballarò contro quelli che ha definito «pm e giudici comunisti di Milano».
«Nessun ufficio giudiziario – replica l’Anm – merita queste infondate e ridicole definizioni, tanto meno quello di Milano».
Nel comunicato il sindacato dei magistrati si interroga sulla natura degli attacchi del premier: «Forse certe strategie non nascono a tavolino. Ma neppure nascono dal nulla: dal “cappello in mano” del magistrato che si vuole parte, al calzino stravagante del giudice che si vorrebbe dimezzato più che terzo, alla stucchevole reiterazione di epiteti nei confronti di magistrati, ogni occasione sembra buona per denigrare l’ordine giudiziario e descrivere i palazzi di giustizia come sezioni di partito, frequentate da magistrati militanti».
Quindi una stilettata al premier: «Da Milano, e dall’intero Paese, la magistratura ribadisce che intende continuare a vestire solo la toga e a rispondere solo alla legge. In primis alla Costituzione. I magistrati non devono essere intimiditi».
Fra i più critici con Berlusconi Alfredo Robledo, procuratore aggiunto del Tribunale di Milano: «Se le nostre toghe sono rosse – spiega il magistrato – lo sono per il sangue dei magistrati che hanno pagato con la vita la difesa della legalità e dei valori costituzionali, a cominciare da Falcone e Borsellino».
Il presidente del Consiglio aveva parlato di «giudici comunisti» dopo la sentenza d’appello che ha confermato la condanna di primo grado a 4 anni e mezzo per David Mills, il legale inglese accusato di corruzione in atti giudiziari. Le nuove accuse del premier, in procura a Milano, hanno suscitato in alcuni rabbia, in altri quasi indifferenza al limite della rassegnazione.
«E che cosa dobbiamo dire ancora – sbotta un magistrato che vuole restare nell’anonimato – è sempre la solita storia, trita e ritrita. Noi pensiamo solo a lavorare».
