Tutti dicono no ad Alemanno. Prima Abete, Monorchio e Casini, infine lo schiaffo di Ecclestone

Gianni Alemanno

Quello di Ecclestone è solo l’ultimo no sbattuto in faccia a un incredulo Alemanno. Uno schiaffo pesante, visto che sulla vetrina della Formula 1 il sindaco aveva puntato tutto, litigando pesantemente con i riottosi alleati leghisti a livello nazionale. “Retromanno” viene da dire, citando Dagospia. Nella disperata ricerca di un nome autorevole da piazzare al Bilancio, Alemanno si è sentito rispondere picche altre due volte. Prima aveva rifiutato il Presidente Bnl Luigi Abete, tutt’altro che persuaso dall’idea di mettere la sua faccia per risollevare l’immagine di una giunta screditata. Subito dopo è stato Monorchio a tirarsi fuori: “E’ vero sono stato interpellato, ma quel posto mi sa di retrocessione” ha confessato il super-impegnato ex Ragioniere dello Stato. L’altro no glielo ha recapitato Casini, che vuol giocare la partita romana come quella nazionale: appoggio responsabile quando è il caso, ma rigorosamente esterno. Storace è lì che aspetta una risposta, ma un coinvolgimento della Destra nella maggioranza di governo non rappresenta esattamente una spinta innovatrice.

E’ presto per dire se l’azzeramento della giunta capitolina sia stato un azzardo dettato dalla disperazione oppure la mossa coraggiosa per riuscire finalmente a governare una città come Roma. Quello che è certo è che il sindaco Alemanno ha poche ore per presentare la nuova squadra, attesa venerdì nientemeno che dal Papa in persona. Difficile che possa presentarsi al cospetto del Santo Padre armato della sola fede, come pure ha sostenuto impacciato ancora mercoledì sera. D’altra parte non sono solo le gerarchie ecclesiastiche che lo stanno aspettando al varco: sta a lui trovare la soluzione a una crisi che rischia di scoppiargli in mano.

Nella serata di mercoledì si è recato a rapporto da Berlusconi che gli ha dedicato una mezz’ora striminzita. Alemanno assicura che il premier gli ha lasciato carta bianca. Cioè, lo ha lasciato solo a sbrogliare la matassa. Non vuole entrare nella palude delle correnti romane l’una contro l’altra armate e già responsabili della paralisi amministrativa. Non si apre una crisi al buio senza avere un asso da giocarsi, pensa Berlusconi, così come Letta, rimasto all’oscuro della decisione improvvisa. Senza contare che l’aspirante erede di Fini non è diventato grande, circondato dall’asfissiante abbraccio degli ex camerati, inadatti, nel migliore dei casi, a incarichi di responsabilità.

Published by
Warsamé Dini Casali