Alfano: “Bene processo breve, no a legittimo impedimento per tutti parlamentari”

Il ministro della Giustizia Angelino Alfano

Il tema giustizia continua ad animare le giornate politiche, a creare più di una spaccatura tra i vari schieramenti politici e tra questi e la magistratura. Sul processo breve Angelino Alfano è deciso a non arretrare, anche dopo la bocciatura che è arrivata dalla commissione del Consiglio superiore della magistratura. «Condividiamo lo spirito del ddl mentre non condividiamo la tesi del ritiro “sic et simpliciter” del provvedimento» ha detto il Guardasigilli replicando, a Porta a Porta, al leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini che sollecitava un ritiro del ddl Gasparri-Quagliariello.

«Il testo è al Senato e dunque ci si confronta per vedere i miglioramenti – ha aggiunto Alfano – Il governo non sta proponendo un ddl sulla nuova impunità. Non siamo sostenitori di un legittimo impedimento esteso a mille parlamentari. Lo dico non solo a titolo personale ma da ministro della Giustizia di questo governo, che altrimenti cadrebbe in contraddizione con se stesso».

«Lasciate perdere il ddl sul processo breve, mandatelo al macero, è una cosa immangiabile – gli ha invece detto Casini – è un provvedimento che ha mille ragioni per essere dichiarato incostituzionale. Occorre riconoscere che esiste il problema Berlusconi e noi al riguardo abbiamo cercato di fare una proposta sul legittimo impedimento. Ma quando il Pdl presenta in merito una proposta che estende a tutti i parlamentari il legittimo impedimento fa scappare da ridere. Già in Parlamento si lavora così poco. In pratica sarebbe un’impunità permanente per tutta la classe politica».

Getta invece acqua sul fuoco delle polemiche il vice presidente, Nicola Mancino: il Csm, sostiene, «suggerisce correzioni, non si pone di traverso rispetto all’iter del disegno di legge discusso in Parlamento, organo autonomo e sovrano».

Ecco punto per punto i principali rilievi di Palazzo dei marescialli, così come riporta l’Ansa. Secondo palazzo dei Marescialli il ddl «non appare in linea con l’articolo 111» (giusto processo), né con l’articolo 24 (diritto alla difesa) visto che «privilegia il rispetto della rapidità formale alla necessità che il processo si concluda con una decisione di merito». E non è tutto: «pone problemi di compatibilità con l’articolo 112, che sancisce l’obbligo dell’azione penale da parte del pm», visto che «depotenzia lo strumento processuale e irragionevolmente sacrifica i diritti delle parti offese».

Secondo il Csm, poi, con il ddl sul processo breve si «rischia di impedire del tutto l’accertamento giudiziario» e dunque di «vanificare la lotta alla corruzione», visto che questo reato «é già stato pesantemente condizionato dai nuovi termini di prescrizione» previsti dalla ex Cirielli. Ma c’é di più: il ddl è in «netto contrasto con i principi sanciti dalla Convenzione dell’Onu contro la corruzione».

Per quanto riguarda le «irragionevoli disparità di trattamento», il Csm ne segnala più d’una, come la scelta di «riservare le nuove disposizioni al solo giudizio di primo grado»: così si riconosce «ad una categoria di imputati e di parti civili, casualmente identificati il diritto alla celerità processuale che dovrebbe essere, viceversa, garantito a tutti».

«Irragionevole e discriminatoria» è anche l’esclusione dei recidivi, che oltretutto porterà a «un’assurda proliferazione dei processi, capace da sola, di favorire la paralisi dell’attività giudiziaria».«Discutibile», inoltre, la «parificazione fra le ipotesi di delitto punite assai gravemente con le contravvenzioni in materia di immigrazione».

Il ddl, secondo il Csm, determinerà il loro «incremento» visto che farà «lievitare» le domande di indennizzo previste dalla Legge Pinto, quando la giustizia è troppo lenta, riducendo da tre a due anni il termine utile per la celebrazione dei processi.

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