L’idea del responsabile Giustizia del Pd Andrea Orlando di scrivere un’intera pagina de “Il Foglio” per formulare delle proposte sulla giustizia da ‘offrire’ a Berlusconi è piaciuta poco all’interno del partito. Tanto che il leader dell’area popolare del Pd Beppe Fioroni ha chiesto subito la convocazione dell’Assemblea nazionale per aprire un confronto interno sulle riforme.
“È indispensabile – spiega Fioroni – che le posizioni del Partito democratico vengano assunte dopo un approfondito dibattito dagli organi competenti del partito”. Anche perché, taglia corto, non è possibile che “ogni giorno ciascuno dia la propria ricetta personale per le riforme delle istituzioni e della giustizia, dicendo tutto e di più”.
Chiaro sul punto è anche il coordinatore nazionale dell’area Marino, Michele Meta: “I continui bluff di Berlusconi e i canti della sirena leghista hanno spinto alcuni dirigenti del partito a individuare frettolosamente alcune ricette, diverse tra loro, sui giornali”. “Sarebbe opportuno, invece – suggerisce Meta – riportare la discussione negli organismi dirigenti e dare la parola agli iscritti sui temi della riforma istituzionale”.
Il malumore tra i Democratici per quella che viene definita da più parti come “l’uscita di Orlando” è palpabile in tutto il partito, non solo nelle varie correnti, e nei due rami del Parlamento. Ma la proposta più criticata è senz’altro quella di ipotizzare “tempi massimi per la durata del procedimento” che dovrebbero essere “parametrati distretto per distretto in rapporto alle risorse disponibili, al numero di magistrati in ruolo, al personale amministrativo e al numero dei procedimenti”.
Di un’idea simile, dicono alcuni parlamentari, non ne abbiamo mai parlato prima tra noi e soprattutto non possiamo essere noi a proporre l’idea di una sorta di “giustizia federale”. Anche perché la Costituzione, insistono, imporrebbe di impedire diseguaglianze tra i cittadini. E sarebbe assurdo prevedere per legge che ci sia “una giustizia più lenta in Calabria, ad esempio, ed una più veloce in Veneto o Lombardia”. Se di fatto é già così perché le strutture non reggono, aggiungono, non si può avallare il cattivo funzionamento degli uffici con delle norme.
“Io credo però – cerca di minimizzare il capogruppo del Pd in commissione Giustizia del Senato Silvia Della Monica – che quella di Orlando su questo punto sia stata più che altro una provocazione per far capire che bisogna intervenire per accelerare al massimo i tempi della giustizia”. Indigesta ai più, comunque, è anche la proposta che affiderebbe alla Cassazione il ruolo di sezione disciplinare ora svolto dal Csm. Non si capisce come possa venire in mente una cosa così, insistono altri parlamentari, vista anche la situazione di “ingolfamento massimo” in cui versa la Suprema Corte.
Ma la ricetta Orlando sulla giustizia è contestata anche fuori del partito. “Sono scempiaggini”, commenta il leader Idv Antonio Di Pietro. “Dopo aver letto quello che ha scritto – aggiunge – suggerirei agli amici del Pd di cambiare responsabile giustizia”. Mentre al diretto interessato suggerisce di diventare direttamente consigliere giuridico del premier. Orlando si difende e spiega di essere stato frainteso perché lui in realtà voleva solo proporre al governo “un piano di investimenti che responsabilizzi gli uffici, che si devono riorganizzare in maniera efficiente”.