Inchiesta sugli appalti, perquisita la banca di Verdini

Denis Verdini

Dopo Claudio Scajola, la bufera giudiziaria sui Grandi eventi per gli appalti del G8 alla Maddalena colpisce un altro esponente del Popolo della Libertà: Denis Verdini.

Già indagato nell’inchiesta della Procura di Firenze sull’appalto della scuola marescialli dei carabinieri, filone toscano dell’indagine sui Grandi eventi, il coordinatore del Pdl è finito in un altro grande intreccio di affari e di tangenti.

La sua banca, già perquisita dai Ros il 20 febbraio scorso, è stata visitata ieri dai carabinieri. La disposizione è arrivata dalla Procura della Repubblica di Roma. La stessa Procura coordina l’indagine in cui sono indagati il faccendiere Flavio Carboni e altri quattro personaggi che avrebbero cercato e ottenuto appoggi politici per favorire alcuni imprenditori impegnati nell’eolico in Sardegna e in altre regioni italiane, e nella costruzione delle carceri e di altri appalti pubblici.

In questa indagine, quasi parallela a quella che ha portato all’arresto dei funzionari pubblici Angelo Balducci, Claudio Rinaldi, Fabio De Santis e dell’imprenditore Diego Anemone, sono coinvolti altri deputati e senatori che hanno ricevuto l’aiuto di Denis Verdini su intercessione del senatore Marcello Dell’Utri – un nome, quello di Dell’Utri, spuntato più volte nelle intercettazioni telefoniche della Procura di Roma.

Alla perquisizione nel Credito Cooperativo fiorentino di Verdini è seguita anche quella alla sede fiorentina de “Il Giornale”: in quella direzione ha portato una traccia dei soldi transitati dalla banca del coordinatore del Pdl.

I punti di quelle che uno degli investigatori ha definito “convergenze parallele”  dell’inchiesta di Firenze e Perugia sul G8, (Grandi Eventi, Maddalena), e quella più recente della Procura di Roma sono tre: la Sardegna, il Credito Cooperativo Fiorentino di Denis Verdini, e la “Propaganda Fide”, ente religioso del Vaticano, che gestisce uno dei più grossi imperi immobiliari di Roma e d’Italia. In tutti questi casi l’ipotesi di reato è corruzione.

Come già quella fiorentina e perugina, l’inchiesta romana è partita dalla Sardegna, e più esattamente da Tempio Pausania e Sassari, sfondo del business dell’eolico e delle nuove carceri sarde, dove Diego Anemone ha piazzato alcune delle sue società.

Dalle indagini risulta che acuni noti imprenditori si sarebbero rivolti a Carboni per ottenere appoggi politici anche con capitali passati per la banca di Verdini e diretti, tra l’altro, verso la società di Anemone: tutti questi soldi servivano poi – è la tesi degli investigatori – a pagare politici e amministratori pubblici.

I nomi eccellenti non sono ancora indagati, ma ricorrono spesso nelle nelle conversazioni telefoniche tra Carboni e il magistrato tributarista Pasquale Lombardi, che invece è già indagato.

Lombardi sarebbe a capo di diverse associazioni tra i cui soci ci sarebbero altri giudici e avvocati di grido: nomi tutti finiti, insieme a quelli di imprenditori  e politici, nelle intercettazioni dei carabinieri di Roma che da qualche anno monitoravano gli affari di Flavio Carboni.

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Maria Elena Perrero