La rottura Berlusconi-Fini è ormai prossima, volano accuse di ogni tipo, smentite e obiezioni su qualunque tema, politico e non. Quella che ormai è divenuta una battaglia non prevede esclusione di colpi, e così il Giornale di Paolo Berlusconi, fratello del premier, attacca Gianfranco Fini puntando il dito contro l’onestà del presidente della Camera, che della legalità e dell’onestà si è fatto portavoce in questi tempi di burrasca per il Pdl.
Il Giornale ha oggi dedicato al “paladino della legalità”, così è definito Fini, la prima pagina e non solo quella, per la vicenda dell’appartamento di Montecarlo lasciato in eredità a quella che fu Alleanza Nazionale dalla contessa Anna Maria Colleoni per la “buona battaglia”, ma abitato da Giancarlo Tulliani, cognato di Fini, che ha ottenuto l’appartamento non si sa bene in che modo.
E così Feltri e Chiocci chiedono, a nome degli italiani che hanno diritto di sapere, delle spiegazioni a Fini su come un appartamento nel Principato di Monaco destinato dalla Colleoni alla “nobile causa di An”, sia stato venduto alla società Timara LTd, non si sa per quale cifra, restaurato con una spesa di 100 mila euro ed affittato a Tulliani, ad una cifra tuttora sconosciuta.
Non solo gli italiani devono sapere, ma chissà cosa direbbe, secondo il Giornale, la contessa Colleoni, che nella causa di An ha sempre fermamente creduto, così come ha sempre creduto nel suo presidente Gianfranco Fini, tanto che in un incontro gli disse: “Caro Gianfrà, quando moro te lascio tutto. Da camerata a camerata”, per poi affrettarsi a scrivere un testamento che per An ha significato circa 2 miliardi di lire in cassa.
Le spiegazioni per ora non sono arrivate, nè da Tulliani che si è sprangato in casa, nè dagli appartenenti a quella che fu An, tanto che il senatore Pontone, che gestì le trattative amministrative legate alla ricca eredità, davanti alle domande su chi abiti in quella casa, e come l’abbia ottenuta risponde: “A questa domanda non so dare una risposta e non saprei dargliela neppure per altri giorni”, e all’ipotesi di ritrovare le carte in ufficio relative alle pratiche afferma: “Non credo, è passato tanto di quel tempo…”.