Nell’aula di Ruby aspettando…il ministro che non si può rifiutare. Il patto Berlusconi-Romano

ROMA-“Quindi Berlusconi si precipita sul Colle. Lo informano che, se la nomina di Romano tardasse un minuto di più, i Responsabili mancherebbero dalla Giunta delle autorizzazioni dove proprio in quel momento si discute della vicenda Ruby. E salterebbe la maggioranza. Sono le 12,30 quando il premier fa il suo ingresso nello studio di Napolitano. Pochi minuti dopo, come d’incanto, i due rappresentanti di Iniziativa Responsabile si presentano in Giunta. La richiesta di sollevare il conflitto di attribuzione per Ruby davanti alla Consulta passa per un voto di scarto”. E’ la cronaca minuto per minuto non contestabile e non contestata, la sequenza e la ragione dei fatti come la racconta “La Stampa”. “La Stampa”, non “l’Unità” o “Il Fatto”. E, se si vuole conferma, leggere il “Corriere della Sera”: “Belcastro e Cesario tengono con il fiato sospeso la Giunta per le autorizzazioni alla Camera, impegnata sul conflitto di attribuzione per il caso Ruby. Verranno? Voteranno? Suspence, fono a che non arriva la notizia che Romano è divenato ministro. Solo allora i due entrano, votano e regalano la vittoria alla maggioranza”. Cronache che si leggono il giorno dopo, lo stesso giorno in cui “La Repubblica” stampa una vignetta di Massimo Bucchi che non fa nomi ma fa chiarezza: un pensoso e anonimo statista assiso su un divano che potrebbe essere di Montecitorio annuncia soddisfatto: “Vi daremo ministri che non potete rifiutare”.

C’è allusione e rimando nella vignetta, allusione a quel che lo stesso Saverio Romano, neo ministro dell’Agricoltura, chiama “il peccato originale di essere siciliani, una maledizione”. Ma non c’è bisogno di inseguire e raccogliere l’allusione e il rimando che la formula “non potete rifiutare” sottende, non c’è bisogno di andare con la mente e l’immaginazione a Palermo, addirittura alla mafia. E neanche occorre squadernare e scorrere le pagine dell’indagine giudiziaria che coinvolge Romano. Basta restare a Roma, al metodo illustrato dalle cronache di una nomina ministeriale: metodo pattizio, sodale, di scambio. Metodo che contempla il patto di reciproca utilità e soccorso, l’esser sodali se l’affare conviene a entrambi, lo scambio tra una nomina e un paio di voti concessi o tenuti in sospeso non su astratti principi, ad esempio se debba essere il Parlamento o la magistratura a giudicare se un reato è o no ministeriale. Voti dati e tenuti in sospeso su roba concreta: ministero o no. Insomma “qua la pezza e qua il sapone”, tu metti quella e io metto questa e le due mani lavorano insieme. Non c’è bisogno di pensare alla mafia per raccontare quella che è ormai raccontata come la normale cronaca politica italiana: nell’aula di Ruby aspettando…un ministro che non si può rifiutare”. E’ politica di scambio, sodalizio reciprocamente profittevole, patto tra gruppi di interesse. Questa è la cronaca e sta diventando, è diventata tanto normale che il conduttore de La Zanzara, una trasmissione pomeridiano-serale di una serissima radio, quella del Sole 24 Ore, appunto al pomeriggio e fino a sera somministra il microfono a chiunque può per condividere e far condividere il suo stupore. Stupore per il patto, il sodalizio, lo scambio? No, stupore perché Napolitano non si è fatto i fatti suoi, stupore perché il Capo dello Stato ha fatto domande e ha preso informazioni su Saverio Romano. Lunghissimo e prolungato stupore che a sera si conclude con un glorioso “Chi se ne frega”.

Chi se ne frega del fatto che Romano sia indagato per contatti d’affari, affari tra politica e criminalità organizzata in Sicilia. Indagine che non ha trovato prove atte a sostenere l’accusa, così ha detto il magistrato. Ma il giudice chiamato a dire l’ultima parola deve ancora decidere, deciderà tra un paio di settimane. Ma Romano non poteva aspettare la nomina e Berlusconi non poteva far aspettare Romano. E chi se ne frega anche delle motivazioni alla sentenza definitiva, questa sì che ha valore di prova, contro Cuffaro. Motivazioni dove si legge più volte il nome di Romano come quello di un candidato e di un politico gradito ai clan che controllano il territorio e il collegio elettorale. Ma sì, chi se ne frega e le cronache accolgono la novità assoluta della nomina a ministro di un indagato. Son tempi nuovi: appena ieri si dimettava da ministro Scajola che pure indagato non era e si dimetteva Brancher, ministro nominato per avvalersi del legittimo impedimento a presentarsi in Tribunale. Tempi nuovi che scavalcano queste sottigliezze, tempi di chi se ne frega.

E “freghiamocene” dunque, spariscano i sospetti di mafia, le cautele di legalità. Facciamo che sia tutto un nulla senza prove e senza ragioni. Resta la cronaca della politica di scambio, sodalizio e patto: un ministero in cambio di un voto su Ruby. Che allontani il processo Ruby da Berlusconi. Quel Berlusconi fresco di aver promesso al paese mai più leggi ad personam e fuga dai processi. Infatti arriva la prescrizione breve che fa morire il processo Mills e il voto alla Camera che prova a mettere in fuga il processo Ruby. E la cronaca, le cronache non sono finite, altre se ne annunciano. Alle dieci di sera del giorno della nomina di Romano ministro si riuniscono i Responsabili. Calearo vuole il Commercio Estero. Bontà sua fa sapere: “Politiche Comunitarie? No, grazie, troppe rotture di scatole”. Vittorio Sgarbi informa che non gli dispiacerebbe un sottosegretariato ai Beni Culturali. Pionati avverte che “Romano ha giocato una partita in solitario senza pensare al bene collettivo”, insomma avvisa Berlusconi che, soddisfatto Romano, gli altri Responsabili aspettano. Aspetta Belcastro, aspetta Cesario, e Bellotti, e Polidori…Sempre Pionati spiega a Razzi e Scilipoti concordi: “Romano ha avuto la sua ricompensa, e noi che facciamo, ci accontentiamo delle promesse?”. Danno mandato al capogruppo Luciano Sardelli du darsi una mossa. Ci saranno altre cronache, altri voti in Commissione, Giunta e Aula, altri scambi, sodalizi e patti. Altri ministri e sottosegretari “che non si possono rifiutare”. E il come e il perché di questo “metodo” non c’è bisogno di cercarlo a Palermo, abita già ed è già proprio di casa a Roma.

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Mino Fuccillo