Il legittimo impedimento ”non introduce alcuna forma di immunità o di prerogativa” ma un ”istituto processuale” che si limita a ”tipizzare”, per il presidente del Consiglio e per i ministri, ”la portata dell’istituto dell’impedimento a comparire” in udienza ”già previsto dal codice di procedura penale”. L’avvocatura dello Stato spiega così il legittimo impedimento, a pochi giorni dal 14 dicembre, quando la Corte Costituzionale dovrà decidere se il provvedimento rispetta o meno la Costituzione. In sintesi, il provvedimento non fa altro che rendere esplicito l’impedimento a presentarsi a un processo per il premier e i ministri. Non un’immunità, quindi, che renderebbe la legge un po’ meno uguale per tutti per chi ricopre un alto incarico istituzionale.
Motivo per cui è una ”assurda conclusione” quella di ritenere che fosse necessaria una legge costituzionale anziché ordinaria. Lo scrive l’Avvocatura generale dello Stato, per conto del governo, nella memoria difensiva di 11 pagine depositata a Palazzo della Consulta in vista dell’udienza pubblica del 14 dicembre sul ‘legittimo impedimento’, la norma grazie alla quale i tre processi a carico del premier Silvio Berlusconi (Mills, Mediaset e Mediatrade) sono rinviati fino all’ottobre 2011.
Insomma, il legittimo impedimento non è un Lodo Alfano camuffato. E per due motivi. Innanzitutto perché non si tratta di ”una sospensione dei processi, generale e automatica” ma unicamente di un ”rinvio dell’udienza (per non più di sei mesi, rinnovabili due volte, ndr.); in secondo luogo – scrive l’avvocato Dipace – ”il giudice è tenuto ad accertare e valutare quando ricorrono le ipotesi” previste dal ‘legittimo impedimento’ e ”rinviare il processo solo accertata la sussistenza di tali casi”.