Berlusconi fa il cabarettista, Bersani sembra quelli che al bar vogliono fare la nazionale. I preti sfruttano l’ennesima gaffe religiosa di Berlusconi per portare a casa, a spese nostre, privilegi (il Messaggero dà voce al millenario cinismo dei romani anticipando il prezzo: quoziente famigliare e agevolazioni alla sanità vaticana) e rispondono al rispettoso silenzio delle autorità italiane sulla piaga della pedofilia alzando le dita inanellate a farci la ramanzina, il mondo ride di Berlusconi e di noi tutti.
Indignarci, deprimerci? Servirebbe a poco. Scopriremmo infatti che era tutto già scritto e che se Berlusconi è ancora lì è certamente in parte merito suo, ma molto è anche per colpa dei suoi avversari, se facessimo un lungo rewind, fino al 1994, a quel 26 gennaio in cui, già sulla linea del ghe pensi mi, Silvio Berlusconi ci disse “scendo in campo”, un campo devastato dall’illusione eversiva quanto moralizzatrice di mani pulite (in quale paese al mondo avete mai visto dei pubblici ministeri intimare in diretta tv al Parlamento di non votare una legge?), abbandonato da una maggioranza di governo infiacchita da mezzo secolo di potere senza alternative, spazzata via da avvisi di garanzia (bei tempi, ora non bastano nemmeno i mandati di cattura).
Berlusconi era nato ed era anche, politicamente, finito, nel giro di due anni. Nel ’96, con Prodi al governo, la sinistra sarebbe stata in grado di mettere Berlusconi nell’angolo, votando il conflitto di interessi, bloccando il suo strapotere nel mercato pubblicitario (contate gli spot che vanno in onda su Mediaset, contate quelli che trasmettono i tedeschi e poi capirete perché i giornali italiani agonizzano e quelli tedeschi prosperano).
Invece si sono inventati la Bicamerale, che rimise Berlusconi all’onor del mondo, allontanò lo spettro di una legge sul conflitto di interessi e, sotto il lenzuolo di un’altra camera, più buia, fece naufragare ogni speranza di riequilibrio tra Tv e altri mezzi, a totale assoluto eterno scapito dei secondi.
C’è da dire che, a parte il disastro della pubblicità, per l’Italia è andata meglio così. Con la Bicamerale è morta la dissennata idea della repubblica presidenziale, del tutto inadatta per l’Italia. Funziona in America, perché lì tutto è federalismo, perché i partiti nascono dal basso, la separazione dei poteri vale in tutto. Quando Berlusconi parla di se stesso come l’unico soggetto politico legittimato dal voto popolare vaneggia, ma dà una interpretazione autentica di quel che può significare in Italia una simile forma di governo.
Da dopo la Bicamerale, i partiti della sinistra hanno più volte sollecitato a Berlusconi di fare lui una legge che regolasse il suo ciclopico conflitto i interessi, proprio come se Ulisse avesse chiesto a Polifemo: “Accècati”. Cosa avreste detto leggendo una simile ingenuità, da ingenui studenti delle medie?
Poi ci hanno messo anche del loro, i partiti della sinistra, per dare una mano a Berlusconi e renderlo più simpatico. Lui ha sempre promesso: “Ridurrò le tasse, se no me ne vado”. Non le ha mai ridotte e è sempre tra noi. Gli altri, la sinistra, le hanno ridotte sul serio, di quattro punti l’aliquota marginale, ma non se ne sono accorti o si sono vergognati e non l’hanno cavalcato.
Anzi, si sono ripresi, hanno teorizzato che “è bello pagare le tasse” e le hanno anche riaumentate. Ha fatto tutto un uomo da solo, Vincenzo Visco. La matrice cattolica che è in noi invoca il martirio e l’espiazione. Nessuno ha mai dubitato che anche Gesù Cristo fosse contro il pagamento delle tasse agli odiati romani e che gli abbiano fatto dire il contrario (“Date a Cesare…”) per tenersi buoni quei ladroni assassini di romani che non avendo molto senso dell’umorismo non andavano troppo per il sottile tra ebrei e cristiani e li ammazzavano tutti senza ritegno.
Con avversari di Berlusconi fatti così, sentiremo barzellette ancora per un bel po’.
Nulla da dire sulle barzellette, se non che non sopporto chi le racconta e se ne incontro uno cambio marciapiede. Un po’ più fastidioso sentir bestemmiare, ma a bestemmie, siamo sinceri, ci si fa il giro d’Italia, ogni regione ha la sua e ne vanno fieri. Solo in dialetto genovese non ci sono bestemmie, perché chi va per mare non può permettersi di scherzare con la divinità.
Le più belle barzellette sugli ebrei le ho sentite nei film di Woody Allen. Ma in America l’identità è definita dalla razza e ogni etnia se ne fa un punto di forza. In Europa il razzismo ha fatto i disastri che sappiamo, scherzare sulle razze dà un po’ i brividi. Lo fanno poi in molti e ne leggiamo tutti i giorni.
È un mostro sempre in agguato e non ci sono solo gli ebrei a eccitarlo, perché ogni fede, ogni nazione, direi ogni regione vanno bene, è il diverso che genera pregiudizio, disprezzo e odio.
Proprio per queste ragioni, quel che è permesso al popolaccio non è permesso a chi lo comanda. Equivale a dire le parolacce davanti ai bambini, ne legittima l’uso. Questa è l’eversione berlusconiana: non la bestemmia in sé, tra virgolette, in una barzelletta detta da uno come Berlusconi che non pare il tipo del bestemmiatore, non la barzelletta in sé sugli ebrei, ne raccontano loro stessi di più crudeli.
L’eversione è nel fatto che a bestemmiare e scherzare sugli ebrei è il capo del Governo italiano, non lo può fare. Cerca consensi? Cerca popolarità? Prendesse esempio da Mussolini, ancora amato da molti in Italia a 65 anni dalla morte: magari a torso nudo, ma per la battaglia del grano o per il salto nel cerchio di fuoco, ma mai una parola fuori luogo, mai una parola che desse scandalo.
Forse, se facciamo bene il rewind della memoria e torniamo a quella primavera-estate del 1994, ci rendiamo conto che lo choc del cambiamento dello scenario politico fu tale che il trauma continua ancora. Ci agitiamo per le sconcezze che escono dalla bocca di Berlusconi, ma scordiamo le immagini eversive su cui nacque questa presunta infelice seconda repubblica: ministri in canottiera, presidentessa della Camera tale Irene Pivetti, oggi è “catwoman”. All’epoca, alcuni importanti personaggi dell’editoria di sinistra erano deliziati dalla freschezza innovativa della futura conduttrice di talk-show televisivi sul sesso.
Berlusconi, portando la Lega e i fascisti nelle istituzioni fece, senza volerlo, per puro calcolo politico, un’operazione storica. Chiuse la seconda guerra mondiale e la ferita di Salò; mise al governo una forza nuova, non legata a tradizione alcuna, nata dalla pancia dell’irrequieto Nord.
Ma compì un gesto eversivo, scardinò le vecchie regole, anche quelle di comportamento. Metà di noi, che l’ha votato, se l’è cercata. Metà di noi, che non ce l’ha mai voluto, non è stata capace di “mandarlo a casa” col voto e quindi, alla fine, se l’è meritata. Se vuole mandarlo a casa, deve fare il rewind, ritrovare i propri errori, e vincere sul terreno della politica, non della morale, perché lì l’immorale vince sempre.