Seconda tappa ‘business oriented’ nel Golfo per il premier Silvio Berlusconi che stasera è arrivato a Doha dall’Arabia Saudita, dove ieri sera, a cena con re Abdullah bin Abdul Aziz, ha condiviso la “preoccupazione” araba per l’aggressiva politica israeliana degli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme est.
In un incontro che fonti di Palazzo Chigi hanno raccontato come “caloroso” ben oltre il protocollo (e durato più di un’ora e mezza), sono stati i dossier più caldi di politica internazionale ad essere “sviscerati” a fondo.
Dall’Afghanistan alle crisi nello Yemen e in Somalia. Ma è sull’eterno nodo israelo-palestinese che il moderato sovrano sunnita ha espresso tutta la sua preoccupazione.
Anche gli Stati Uniti, di recente, hanno bocciato con insolita fermezza la decisione israeliana di procedere all’ampliamento del quartiere ebraico di Ghilo a Gerusalemme est con 900 nuovi alloggi. E la convinzione che ieri Abdullah e Berlusconi hanno condiviso è che tutto questo rischia di far saltare un già accidentato processo di pace.
L’Italia scommette comunque sul ruolo di “moderazione e stabilizzazione” esercitato nell’area dal gigante saudita. Anche per frenare le velleità atomiche di Teheran e riportarle sui binari della cooperazione internazionale.
Ma anche qui il tempo sta scadendo. E i segnali che arrivano dall’Iran, hanno convenuto i due, sono tutt’altro che incoraggianti. Seduto accanto al sovrano nella maestosa sala del palazzo reale di Gedda, il premier non ha comunque rinunciato a sfoderare un po’ della sua ormai proverbiale ‘diplomazia commerciale’, che rappresenta in effetti il filo rosso del suo breve tour nella regione.
“Anche noi in Italia – ha sussurrato Berlusconi lasciando in un primo momento interdetto chi lo ascoltava – abbiamo il petrolio”. ‘Arcano’ svelato comunque un attimo dopo. Il riferimento era agli “oltre 5 milioni di piccoli e medi imprenditori italiani”.
“La vera ricchezza del nostro Paese, il nostro petrolio”, aveva ripetuto il Cavaliere anche a tutti i ministri sauditi incontrati in giornata. Una ‘mission’ da apripista in funzione anti-crisi per le imprese italiane che Berlusconi si è dato anche per le 36 ore in Qatar, dove lunedì incontrerà il primo ministro Hamad bin Jassem bin Jabr al Thani e poi l’emiro, lo sceicco Hamad bin Khalifa al Thani.
In un Paese certamente più piccolo e molto meno ‘influente’ del regno wahabita, ma baciato da una tumultuosa crescita economica e da immensi giacimenti di petrolio e gas naturale (solo le riserve finora conosciute sono per 400 anni), il premier punta a spianare la strada a quelle imprese italiane che vogliano inserirsi nel ricco business immobiliare e delle infrastrutture (Doha è un cantiere a cielo aperto). Oltre che naturalmente in quello energetico.
L’emiro è stato di recente a Rovigo all’inaugurazione del rigassificatore alimentato proprio dai ricchi giacimenti di gas qatarini. Per questo, nella delegazione italiana, c’é anche l’amico imprenditore Tarak Ben Ammar. Un canale “prezioso”, lo definiscono, che può aiutare ad aprire molte porte nel complesso mondo arabo.
