Raccontano che Silvio Berlusconi abbia accolto con una alzata di spalle la proposta lanciata da Pier Ferdinando Casini di un governo “tecnico” o di “salute pubblica” che risolva i mali che affliggono il Paese. Il premier non ci vede nessuna novità rispetto al solito vecchio modo di fare politica degli ex democristiani.
Per Berlusconi, l’impegno assunto con gli elettori impone che il governo finisca la legislatura. “Porteremo a termine il mandato ricevuto”, assicura il suo portavoce, Paolo Bonaiuti. Il Cavaliere, insomma, ritiene che la maggioranza (sempre che Gianfranco Fini non si metta di traverso) abbia i numeri per completare le riforme più volte annunciate.
Insomma, per dirla con Maurizio Gasparri, “la proposta di Casini non ha nessuna attualità”. Ma ciò non significa che il premier, al di là di quella che considera poco più di una provocazione, non continui a guardare con attenzione alla politica dei centristi che si fonda su un pragmatismo in base al quale i provvedimenti del governo si valutano senza pregiudizi e, ove condivisibili, si votano.
Un atteggiamento che a palazzo Grazioli vedono con interesse, anche in considerazione di eventuali rotture con il presidente della Camera. Anche perché, come ripete spesso il Cavaliere, la “porta per Casini resta aperta” qualora decidesse di tornare nel centrodestra. E’ la speranza, per dirla con un senatore molto vicino al premier, che un giorno il “figliol prodigo” faccia ritorno.
Chi gli parla con regolarità però invita a non fraintendere questo auspicio con la tentazione di far posto ai centristi nel governo. “E’ un’idea che al momento non esiste”, spiega un parlamentare molto vicino al Cavaliere, che in ogni caso esclude l’ingresso dei centristi nell’esecutivo. Insomma, la ricucitura (se mai ci sarà), ha una prospettiva di lungo periodo e potrebbe dare i suoi frutti in vista del 2013.
Quando, secondo qualcuno, la porta aperta a Casini potrebbe trasformarsi in una ‘porta girevole’: i centristi dentro e i finiani fuori. Solo voci di corridoio, per ora. Italo Bocchino ha prontamente stroncato l’idea di Casini: “Il governo Berlusconi durerà fino all’ultimo giorno di legislatura”, ha rassicurato il più duro dei finiani.
Segno che, pur criticando apertamente la gestione del Pdl, l’ipotesi di una rottura spaventa i finiani tanto quanto i berlusconiani. Ma le “beghe interne” alla maggioranza, come le ha definite il leghista Roberto Maroni, sono solo uno dei nodi che il premier, al suo ritorno da Milano (dove oggi a pranzato con tre dei suoi figli) dovrà cercare di sciogliere.
Il colpo di coda della crisi, nonostante la pronta risposta europea (della quale Berlusconi rivendica parte del merito), rischia di avere comunque dei contraccolpi sulla politica del governo. A cominciare dall’annunciata riforma fiscale. Ci sono poi le grane giudiziarie. Uno stillicidio quotidiano che potrebbe decapitare altre teste del governo.
Qualcuno sostiene che il ritardo nella nomina del successore a Claudio Scajola si spieghi proprio con il timore del premier di nuove brutte sorprese: che senso avrebbe mettere a posto una casella se un’altra pedina è destinata a cadere poco dopo? Chi gli sta vicino però assicura che il Cavaliere è intenzionato a chiudere la partita dello Sviluppo Economico entro la settimana.
E il nome che ha in testa resta quello di Paolo Romani. Anche su Guido Bertolaso, che qualcuno dava a un passo dalle dimissioni, i boatos del Transatlantico raccontano due verità: c’é chi dice che Berlusconi sia stanco del protagonismo del capo della Protezione civile e preoccupato dalla sua tendenza a fare gaffe. Altri, invece, giurano che il sottosegretario continua a godere della piena fiducia del premier.