Dante Alighieri predecessore di Silvio Berlusconi, l’antesignano, il precursore, l’alfiere. E il premier il successore e il delfino. Il confronto è tra il sommo poeta come uomo privato, marito, padre, amatore indefesso e come personaggio pubblico nelle vesti di funzionario amministrativo della città, soprattutto come priore di Firenze, la massima carica cittadina.
La tesi, originale e ardita, viene sostenuta nel libro “Il Poeta e il Cavaliere” di Mario La Ferla, il quale spiega: “Il Poeta e il Cavaliere è la storia dell’imprevedibile e imprevisto connubio tra due personaggi che soltanto una mente piena di fantasia e tanto altro ancora avrebbe potuto immaginare”.
Una mente piena di fantasie sì, basata su “congetture, finzioni, idee” spiega La Ferla ma anche “una storia vera, con personaggi veri e fatti realmente accaduti. Ed è anche l’occasione, ghiotta e finalmente non ipocrita, per rileggere la vita e le opere di Dante Alighieri con intenzioni e occhi nuovi, rompendo quel muro di omertà accademica e di ammuffito perbenismo che hanno impedito di capire quale personaggio fosse veramente il Sommo Poeta”.
La questione è stata sollevata due anni fa a Firenze. Nel maggio 2008, due consiglieri comunali di Forza Italia hanno presentato una mozione che chiedeva il “ritorno” del poeta a Firenze. Insomma, aiutati e sollecitati da Paolo Bonaiuti, fiorentino e dantista e soprattutto portavoce di Berlusconi, invitavano il consiglio a riabilitare il sommo poeta cacciato da Firenze nel 1302. Sembrava una questione di poco conto. La giunta di centrosinistra, guidata dal sindaco del Pd, Leonardo Domenici, era afflitta in quel periodo da tanti problemi: un’inchiesta giudiziaria sui terreni di Ligresti, polemiche dall’estrema sinistra sul decreto contro i lavavetri, eccettera.
Così il sindaco pensò bene, per tenersi buona l’opposizione, di presentare al consiglio la mozione pro-Dante e chiudere la questione in poco tempo. Non l’avesse mai fatto. Da sinistra, Verdi, rifondazione, comunisti e molti esponenti dello stesso Pd, si accanirono contro la mozione, mettendola in ridicolo e attaccarono il sindaco e la sua giunta con molta determinazione.
Dante fu accusato di essere un ladro e un malfattore, quindi doveva rimanere dove era stato mandato: all’esilio. Il poeta fu accusato di essere tutto il peggio del mondo e alla fine arrivò anche l’accusa di berlusconismo. Insomma, Dante Alighieri veniva indicato come il predecessore del Cavaliere, l’antesignano, il precursore, l’alfiere. E Berlusconi, per loro, altro non era che il successore, il delfino, l’epigono del poeta.
Ora il libro di La Ferla, già brillante e ardito inviato dell’Espresso. Sarà certmente una lettura intrigante.