I berlusconiani sono amareggiati, i finiani sconcertati e ormai il governo oscilla. Resta in piedi, ma come? Per venire a capo della matassa dovranno arrivare a un accordo e si profila l’ipotesi di una fronda targata Gianfranco Fini. Il presidente della Camera, dopo le provocazioni dei giorni scorsi del premier, aveva piantato i piedi: “Ci provino a cacciarmi, tanto io non me ne vado”.
Dopo intercettazioni, manovra e caos del neo ministro Brancher per Berlusconi la questione più spinosa è quella con l’ex leader di An. Ma ci sarà rottura netta e in tempi brevi? Lo scenario prospettato da Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl, non è di divorzio con relative porte in faccia sbattute, ma di una “separazione consensuale” tra Berlusconi e Fini. No, rilancia il Corriere della Sera: sarebbe piuttosto uno slancio per la” nascita di una sorta di federazione tra due soggetti che resterebbero assieme sotto lo stesso tetto del centrodestra”.
Alla resa dei conti, secondo quanto scrive “la Repubblica”, invece Fini sta radunando i suoi per un terzo polo, 32 deputati e 10-12 senatori. Quindi tutto sarebbe più traumatico. Sempre che ci sia l’uscita effettiva dal Pdl. I nomi che spuntano sono quelli di 90 deputati, che aggiunti ai 206 democratici e 24 dell’Idv arriverebbero a 320 deputati: in quella che il quotidiano fondato da Scalfari definisce per ora “fantapolitica” il risultato sarebbe una maggioranza sufficiente (10 voti) per un governo istituzionale.
Quelli dell’Udc di Pierferdinando Casini, che però ancora guarda da lontano con i suoi 39 deputati e 13 senatori: “Senza di noi il terzo polo non può nascere, ma siamo rimasti troppo scottati, in questi anni, per concedere adesso una sponda ad occhi chiusi, cautela”.
A dare man forte al presidente della Camera ci sarebbero poi gli “scissionisti” del Pdl: il presidente dell’Antimafia Beppe Pisanu, poi Giorgio La Malfa, Antonio Martino, Clemente Mastella, Marcello Pera. Pisanu, però, parlando di Fini tiene a precisare: “Apprezzo le sue posizioni, ma non gradisco di essere inserito nelle liste dei finiani. Ho una mia politica alla quale resto coerente”.
Anche Francesco Rutelli, leader dell’Alleanza per l’Italia, con 8 deputati e 5 senatori si affaccia. E una dei suoi, Linda Lanzillotta ha preso chiaramente posizione: “Fini è nostro interlocutore nei fatti, dal momento che detta un’agenda liberale per l’Italia, quell’agenda è la base per il futuro terzo polo”.
Alzano la mano in segno di presenza anche 6 deputati di NoiSud Pli (il movimento nato dalla scissione del Movimento per l’Autonomia di Lombardo), 5 deputati e 3 senatori del Movimento per l’Autonomia. E poi, interlocutore di primordine di Fini da almeno un anno anche in pubblico, il presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo: lui c’è, ma con riserva. In un’intervista al Financial Times di sabato scorso ha detto: “Voglio fare qualcosa di positivo per il futuro del mio Paese, questo non significa diventare leader di un partito. Almeno per il momento”.
Oltre a Montezemolo però spuntano altri nomi di manager e imprenditori: Ferruccio Ferranti, ad del Poligrafico dello Stato, Marco Zanichelli, presidente di Trenitalia, poi Pierluigi Scibetta e Alessandro Luciano del cda dell’Eni, Giancarlo Lanna, presidente di Simest ed Emilio Cremona, presidente Gestore Servizi Elettrici.
Alla fine però nella settimana calda non si sa ancora cosa deciderà Berlusconi: lancerà l’ultimatum “o con me o senza di me”? Passerà alla verifica parlamentare del suo governo?