“La macchina del fango” mossa “dagli uomini del premier”. Non usa mezzi termini e non manca di fare nomi e cognomi Giuseppe D’Avanzo che, sul quotidiano La Repubblica, ritorna sulla vicenda della casa di Montecarlo e azzarda una ricostruzione dell’accaduto che coinvolge servizi segreti, politici di primo piano e quotidiani come Il Giornale, Libero e persino il sito Dagospia.
D’Avanzo sembra fare sua la linea difensiva di Gianfranco Fini e dipinge lo “scoop” sulla presunta proprietà da parte di Giampiero Tulliani della casa di Montecarlo come una montatura. Se non altro, il cronista è molto informato su quello che il presidente della Camera pensa della vicenda: “Fini ha qualche prova e la ragionevole certezza che le informazioni distruttive che ogni giorno vengono pubblicate da il Giornale e Libero, controllati dal presidente del Consiglio, sono fabbricate in un circuito che fa capo direttamente a Silvio Berlusconi”.
Il giornalista di Repubblica dipinge nei dettagli il funzionamento di quella che chiama “macchina del fango” e che ha portato, come prima conseguenza, ad un brusco stop delle trattative tra Berlusconi e i finiani sullo scudo salva processi. D’Avanzo parte dalle grandi manovre che preludono alla pubblicazione delle carte di Santo Domingo: martedì 21 settembre Berlusconi incontra Vittorio Feltri e Alessandro Sallusti (direttore e condirettore del Giornale di famiglia che il giorno successivo titola con un eloquente: “Fini ha mentito ecco le prove”). Il 22 settembre, lanciata la bomba di Santo Domingo, sempre il premier incontra Angelucci di Libero e il deputato del Pdl Amedeo Laboccetta. Chi è costui? D’Avanzo lo descrive così: “Parlamentare del Pdl, vecchio esponente napoletano di An, capace di “muovere le cose” nei Caraibi grazie all’influenza di Francesco Corallo. Altro nome chiave – Francesco Corallo – di questa storia. Figlio di Gaetano, detto Tanino, latitante catanese legato al boss di Cosa Nostra Nitto Santapaola, Francesco Corallo è nei Caraibi “l’imperatore di Saint Maarten”, dove gestisce con attività collegate a Santo Domingo alberghi, un giornale, quattro casinò con l’Atlantis World, multinazionale off-shore, partner dei nostri Monopoli di Stato nel business (complessivamente 4 miliardi di euro) delle slot machines ufficiali.
Dopo i nomi Repubblica procede alla ricostruzione dei fatti raccontando di un Fini che dopo aver avuto rassicurazioni da Tulliani sulla falsità delle carte, ha cercato di ricostruirne le origini. Tutto inizia con uomini dei Servizi Segreti che, come ha scritto il Giornale, arrivano a Santa Lucia. Scrive D’Avanzo che gli uomini “devono soltanto sovrintendere che “le cose vadano nel verso giusto”, che quel ministro di Giustizia dica quel che deve o fornisca le lettere con intestazione originale che necessitano. E’ stato lo stesso Silvio Berlusconi a predisporre le cose potendo contare sul “rapporto personale tra l’ex ministro di Santa Lucia e il nostro presidente del Consiglio”. Un legame (notizia di Libero) che ‘deve far tremare Fini'”.
Per D’Avanzo, quindi “viene confezionato il falso”. Il problema successivo è farlo arrivare in “incognito” in Italia. Il passaggio è noto: Da Santa Lucia la lettera arriva a un giornale di Santo Domingo e quindi è rilanciata da Dagospia. D’Avanzo non risparmia neppure il sito di Roberto D’Agostino: “Ora – gli uomini di Fini chiedono – chi ispira Dagospia? Credono di saperlo. Anzi, dicono di saperlo con certezza: “Dagospia, sostenuto dai finanziamenti di Eni ed Enel, è governato nelle informazioni più sensibili da Luigi Bisignani, il piduista, l’uomo delle nomine delicate, braccio destro operativo di Gianni Letta dal suo ufficio di piazza Mignanelli. Da Dagospia l’informazione manipolata slitterà sulle prime pagine di Giornale e Libero. Che potranno dire: abbiamo rilanciato soltanto una notizia pubblicata dalla stampa internazionale”.
Alle carte di Santo Domingo, giovedì 23 settembre ha risposto con asprezza il Secolo d’Italia, che sulla questione ha sollevato “otto domande” retoriche.
Durissima, invece, la conclusione di D’Avanzo: “Una menzogna che tace e copre e manipola quanto ormai è chiaro a tutti dal character assassination di Veronica Lario, Dino Boffo, Raimondo Mesiano, Piero Marrazzo e ancora prima di Piero Fassino. Il giornalismo, diventato tecnica sovietica di disinformazione, alterato in calunnia, non ha nulla a che fare con queste pratiche che non sono altro che un sistema di dominio, un dispositivo di potere. Uno stesso soggetto, Silvio Berlusconi, ordina la raccolta del fango, quando non lo costruisce. Dispone, per la bisogna, di risorse finanziarie illimitate; di direzioni e redazioni; di collaboratori e strutture private; di funzionari disinvolti nelle burocrazie della sicurezza, magari di “paesi amici e non alleati”. Non ha bisogno di convincere nessuno a pubblicare quella robaccia. Se la pubblica da sé, sui suoi media, e ne dispone la priorità su quelli che influenza per posizione politica”.
La ricostruzione di D’Avanzo, in ogni caso, ha già scatenato reazioni tra alcuni dei personaggi chiamati in causa. Laboccetta, nel pomeriggio di giovedì ha annunciato querela definendosi “totalmente estraneo alla vicenda”. Angelucci, invece, spiega di non essere l’editore di Libero ma semplicemente il proprietario e minaccia anche lui azioni legali.