Dal bunga-bunga alla Libia: dodici ore di Berlusconi e dintorni, una mezza giornata da “poveracci”

ROMA – Dodici ore, solo dodici di vita pubblica italiana: una mezza giornata di “poveracci”. Sono le nove del mattino a Milano, davanti a Palazzo di Giustizia. Ci sono cento, forse centocinquanta. Non “figuranti a pagamento” come insinua la propaganda anti governo. Ma berlusconiani veri e rappresentativi. Uno riassume il sentir comune del presente: “A noi il bunga-bunga, a voi i culattoni”.  Il futuro lo indica Mira Bakovic di professione astrologa: “Berlusconi per sempre, poverino lo obbligano a venire qui anche oggi”. Dice di aver scritto un libro che “è un best seller”. Quale? Ammette: “Non è ancora pubblicato”. C’è Daniela Santanché: “Lui è sereno, ha la forza della verità”. C’è Mario Mantovani, coordinatore locale del Pdl: “Lui è dentro, svolge la funzione di imputato, questo per dire la democrazia che c’è in questo paese”. Questo è il “popolo” convogliato in piazza dallo sdegno contro i giudici e dagli sms di partito: una scena, una sostanza e una forma da “poveracci”. E poveracci giornali e tv che si acconciano a chiamar questa assemblea di condominio allargato niente meno che “folla” e “popolo”.

Di fronte, dall’altra parte del marciapiede ci sono l’altra “folla” e l’altro “popolo”. Sono una ventina, forse trenta. Antonietta si è messa un mezzo lenzuolo sul corpo dove si legge: “Liberaci da Berlusconi e così sia”. Antonietta si sente brillante e militante. C’è Piero Ricca, animatore di professione, quello che una volta gridò a Berlusconi: “Fatti processare”. Adesso grida alla polizia che vuole 200 euro perché gli hanno rotto un microfono. Recita, pateticamente recita la scena di una repressione che non c’è. Sostanza e forma da “poveracci” di qua e di là dal marciapiede. I due “mini popoli” fanno tristezza e triste è il fatto che facciano notizia.

Dentro, dentro al Palazzo c’è lui, Silvio Berlusconi, il premier, l’imputato, la vittima, l’eroe, il colpevole, comunque il grande protagonista. Grande? Ad un’avvocata trova modo di dire: “E’ qui per farsi invitare al bunga-bunga?”. L’avvocata è una “femmina” carina e il grande protagonista ha il suo modo di essere ironico e galante. C’è un giudice “femmina”, Maria Vicidomini, e giornalisti e avvocati presenti si adeguano al clima: è una “femmina” carina e i convenuti elaborano e si scambiano la battuta: “Berlusconi ha trovato il suo giudice naturale”. Berlusconi che racconta una barzelletta a base di sesso ed Emilio Fede e si rinfranca con un po’ di cioccolato bianco. Scene, sostanza e forma da “poveracci”, raccontati come epica sfida e cavalcata. D’altra parte Berlusconi lì dentro non ha nulla da fare: non c’è interrogatorio né dibattito, è un’udienza tecnica, Berlusconi è andato solo per farsi vedere, per fare scena. Sceneggiatura che giunge al culmine quando esce e sale sul predellino della macchina per salutare e fare ciao-ciao con la mano. Un’informazione “poveraccia” battezza e narra: “E’ il Predellino!”. Con la maiuscola.

Sono le nove di sera dello stesso giorno. Obama, Sarkozy, Cameron e la Merkel sono in video conferenza. Berlusconi non c’è, non è collegato, non l’hanno chiamato. Discutono di Libia, anche con la Merkel che dall’intervento in Libia ha chiamato fuori la sua Germania. La Merkel e non Berlusconi. Perchè di Berlusconi sulla Libia non si fidano, anche se l’Italia è “dentro” l’intervento. L’Italia ha detto che c’è ma non spara, che Gheddafi ha chiuso ma anche no. Che “bisogna trattare con tutte le tribù”, che “ci vuole la riconciliazione nazionale”. Insomma l’Italia che prova a stare con un piede in tutte le scarpe è inutile sentirla, tanto non fa quel che dice, non dice tutto quel che fa e fa e dice tutto e il suo contrario. Frattini in tv dice che non è né “schiaffo” né sgarbo, che va bene così. E che altro doveva dire? “Poveraccio” lui a dover incarnare una politica estera che guizza e sguscia come un’anguilla. E’ una serata che ci dà la misura e il calibro del nostro peso e credibilità internazionali, misura e calibro da “poveracci”.

La sera si inoltra verso la notte: altri protagonisti della vita pubblica si affacciano nelle cronache e negli approfondimenti: Bocchino che si scusa con la moglie, Carfagna che non si scusa e dice di doverne parlare non con la Buontempo o con i giornali ma solo con il futuro marito, prima di diventare la signora Mezzaroma. La Mussolini che chiede alla Carfagna atto di contrizione pubblica. Un matrimonio, una relazione extra coniugale, un disvelamento, un pentimento, reciproci imbarazzi. Una storia privata e normale promossa a sceneggiata da “poveracci”. E poi stasera, stanotte torna sugli schermi Marina Villa, la finta terremotata aquilana. E’ andata nella tv di Rita Dalla Chiesa a dire che il governo è stato angelo risolutore a L’Aquila e dintorni. Ma era una recita, lei abita e vive altrove. Rita Dalla Chiesa spiega: “Mica possiamo chiedere la carta di identità a tutti quelli che arrivano in trasmissione”. Ah, ecco spiegato. Comunque quella di Marina Villa è stata una recita da “poveracci”: 300 euro. E da “poveracci” spiegazioni e imbarazzi successivi.

Solo dodici ore, una mezza giornata. Due “popoli” striminziti e finti in gran vena di reciproce e opposte pagliacciate. Un premier che finge di offrire il petto a un interrogatorio che sapeva bene non esser previsto. Le sue barzellette, le sue battute sulle donne. Giornalisti e cameramen questuanti e pressanti fino alla reciproca calca, uniti nel raccontare evento “epocale”. I leader dei paesi occidentali che fanno a meno del nostro per palese e conclamata inaffidabilità. Una storia di corna in tv, alla voce “politica”. Una recita da tre soldi sui terremotati. Una mezza giornata da “poveracci”. “Poveraccio” non è nella lingua italiana chi non dispone di reddito. “Poveraccio” non è neanche un’offesa, è parola che si pronuncia non con questo intento e significato. “Poveraccio” si dice quando di persone e situazioni si ha compassione. Compassione per l’irreversibilità di persone e situazioni. Irreversibilità compassionevole: è questa la misura della vita pubblica italiana.

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Mino Fuccillo