“Non facciamone una tragedia, la tragedia non c’è”: è questo il giudizio del premier italiano sulla crisi. Berlusconi fornisce poi consigli ed indicazioni: a chi ha azioni in portafoglio quello di non vendere almeno per un bel po’ di tempo. Ai dipendenti pubblici di non smettere di spendere, di non aver paura del futuro e di non lamentarsi troppo: hanno il posto sicuro e hanno con i nuovo contratti il 3,5 dello stipendio in più.
Berlusconi fa poi alcuni conti: il diminuito prezzo del petrolio e di altre materie prime, calcola, aumenta la capacità di acquisto di chi ha un reddito. In realtà le cose non stanno proprio così: un’inflazione all’uno e sei per cento significa che i prezzi e il costo della vita aumentano per chi vive a reddito fisso. Aumentano ad una velocità assai inferiore a quella precedente, ma aumentano. Quindi la capacità, il potere di acquisto non crescono in assoluto, anzi. Crescono solo relativamente alla velocità di caduta registrata sei mesi fa.
Ancora, Berlusconi offre un’ulteriore spiegazione del suo no alla proposta del Pd di un assegno di disoccupazione per tutti quelli che perdono il lavoro, precari compresi. Aveva detto costava troppo, l’1,5 per cento del Pil, circa 20 miliardi. Ora spiega che se questo assegno ci fosse imprenditori e lavoratori dipendenti si metterebbero d’accordo ai danni dello Stato: concorderebbero licenziamenti che convengono all’imprenditore e il dipendente continuerebbe a lavorare in nero integrando con l’assegno di disoccupazione. Questi secondo il premier i comportamenti naturali della società, questi almeno quelli che il premier desume dalle sue molteplici esperienze.
Ultimo capitolo del piccolo messaggio alla nazione di Berlusconi: basta con stampa e tv che dipingono la crisi come una tragedia. Basta soprattutto con “questa Rai, l’unica tv pubblica al mondo che critica il governo in carica”. Con tutta evidenza gli impegni del premier gli hanno ultimamente impedito di vedere la tv pubblica inglese, francese, spagnola, tedesca ed europea in genere.