Maggioranza “variabile” che smonta lo scandalo indignato di Pdl e Lega di fronte alla “oscenità” di eletti nel Pdl che votassero un domani contro il governo. Traditori eventuali i finiani e benedetti sulla via di Damasco quelli eletti con l’opposizione che votano per il governo? Ma soprattutto maggioranza variabile che oggi c’è, domani forse e dopodomani chissà, che fonda, inaugura e sostiene il “governo dei sette mesi”. Sette mesi fino ad aprile 2011 quando tutto o quasi tutto dirà: crisi, Camere sciolte ed elezioni anticipate. Lo dirà Bossi che ad allora avrà incassato i decreti delegati sul federalismo e che già oggi scalda l’ambiente elettorale contro i “romani porci” e i “sepolcri imbiancati” e soprattutto giocando di dolce elastico con i suoi sindaci e amministratori che ovunque possono giocano al gioco dei “non italiani ma padani”. Berlusconi ha fatto “la mossa” di rimproverarlo, solo la mossa: ha spiegato ad Alemanno sindaco di Roma che Bossi parlava “come Asterix” ma dovrebbe parlare “come ministro”. Un carezzevole rimprovero.
Dirà a primavera sì alla crisi e quindi ad elezioni perfino Fini: a quel punto avrà il suo partito e sarà per lui il momento del o la va o la spacca. Tre anni nella gabbia della maggioranza di Berlusconi Fini non li regge. Dirà sì alla crisi perfino il Pd, come dovrebbe fare ogni partito di opposizione e come il Pd di fatto non ha fatto finora terrorizzato da elezioni e nascosto dietro l’impossibile schermo di una nuova legge elettorale. Dirà sì alla crisi lo stesso Berlusconi. Oggi lo raccontano spaventato da una possibile astensione di massa dell’elettorato Pdl. Oggi, domani a primavera sarà il momento di rischiare. Perché rischiare nel 2013 è accrescere il rischio di andare alle urne dopo un’intera legislatura “zoppa”. E dirà sì alla crisi soprattutto quella che i cronisti delle partite di calcio chiamano “l’inerzia dell’incontro”. Una maggioranza variabile non fa una legislatura, questo è quello che c’è e che a Berlusconi oggi basta. Ma non ne avanza per tre anni.
