Sul possibile bis dello scudo una parola attenta e lucida non è venuta neanche dal Pd e dall’Idv, da Bersani e Di Pietro. Più in generale non sembra che l’opposizione abbia idee lucidissime in materia. Bersani ha detto che farà “barricate” contro lo scudo e per una volta lo ha detto prima di Di Pietro. Già, ma quale “barricata”? Oltre alla battaglia parlamentare, barricata fa rima con referendum. Già, ma quale referendum? Berlusconi ha bisogno che la legislatura vada avanti ancora un po’, il tempo per costruirsi lo scudo. E la costruzione dello scudo tiene in vita la legislatura ancora un po’. Ma è un “cantiere” lungo, ci vuole tempo, forse troppo per Berlusconi. Se la Corte Costituzionale boccia a metà dicembre il “legittimo impedimento”, quella legge per cui Berlusconi può non presentarsi ai processi e quindi allungarli all’infinito, Berlusconi si ritrova senza lo “scudo” vecchio e con quello nuovo ancora in cantiere. Può quindi chiamare Alfano e dirgli di ritirare fuori il processo breve, quella legge per cui i suoi processi e quelli di centinaia di migliaia di altri italiani muoiono di sopravvenuta vecchiaia.
Che c’entra questo con le “barricate”, con i referendum? C’entra, perchè la “barricata”, cioè il referendum contro il processo breve è di quelle che crollano. Il referendum contro una legge ordinaria come sarebbe il processo breve ha bisogno del quorum. E sono decenni che, causa mancato quorum, tutti i referendum promossi falliscono. In un referendum con il quorum non si gioca per vincere, si gioca per non far vincere. Fatta base cento gli italiani che hanno diritto al voto, alle politiche votano circa ottanta. Ai referendum, se va bene, sessanta. Un venti per cento di astensione “da referendum” si aggiunge regolarmente all’stensione fisiologica. Venti più venti fa quaranta. Chi vuol far fallire il referendum con questo quaranta per cento si “allea”. Basta convincere un altro venti per cento dell’elettorato potenziale a starsene a casa e il gioco è fatto. Gioco non difficile, si vince con il venti per cento dei consensi, obiettivo alla portata di una buona campagna astensionista. Ricordate il referendum sulla fecondazione artificiale? Ecco, lo schema di gioco è quello. Quindi, se Berlusconi sceglie il processo breve e trova la maggioranza che glielo vota, allora il referendum è una barricata di carta, anzi un boomerang.
La riforma costituzionale viene invece sottoposta a referendum senza obbligo di quorum. E quindi lo schema di gioco si inverte. Il trenta/quaranta per cento di opinione pubblica in grado di mobilitarsi verso le urne referendarie per opporsi a Berlusconi diventa, in termini di voti espressi, sicura maggioranza. Quaranta e il quaranta per cento di cento, ma è i due terzi del sessanta per cento che va a votare i referendum. Per cui non suoni paradossale ma è preferibile per l’opposizione e per chi chi non approva lo scudo che Berlusconi si faccia la “sua” riforma costituzionale. Un referendum potrebbe bocciarla. Quel che probabilmente non potrebbe fare l’altro referendum, quello avverso al processo breve. Bersani e Di Pietro di certo lo sanno, o no?
