Il Consiglio dei ministri di questa mattina “non è un impegno assoluto”, e quindi nessun legittimo impedimento. A dirlo, il pubblico ministero Fabio De Pasquale, opponendosi alla richiesta di rinvio presentata dai legali di Silvio Berlusconi nel processo per presunta corruzione in atti giudiziari, che vede imputato il solo premier, dopo la prescrizione del reato contestato all’avvocato britannico David Mills.
I legali di Berlusconi, come già, come già fatto nel processo per i diritti televisivi di Mediaset, hanno depositato un documento della segreteria generale della Presidenza del Consiglio con cui si spiega che il premier non potrà essere in aula prima del 21 luglio per via di impegni istituzionali. Da qui la necessità di un rinvio sulla base della nuova legge sul legittimo impedimento.
”Il Consiglio dei ministri, ha detto in aula il rappresentante della pubblica accusa, rappresenta un caso di impedimento che non è assoluto”, come dimostrerebbe – sempre secondo il rappresentante della pubblica accusa – l’ordinanza della prima sezione del tribunale di Milano che in occasione del processo Mediaset aveva bocciato un’analoga richiesta formulata da difensori del premier.
Due casi simili, secondo il pm Fabio De Pasquale, convinto che per definire la validità dell’impedimento sia necessario ”stabilire se nella fissazione del Cdm di oggi ci sia una specifica e inderogabile necessità, perché una volta fissata un’udienza, perché l’impedimento sia legittimo, ci vuole una ragione grave e inderogabile. ”Invece, ha insistito il pm De Pasquale, all’ordine del giorno del Cdm di oggi ci sono provvedimenti di non particolare rilevanza e urgenza. Mi sembra una convocazione che non ha carattere di straordinaria necessità e urgenza, e percio’ non obbliga l’imputato a sottrarsi al processo”.
