ROMA – C’è un particolare che accomuna gli italiani: quando vanno all’estero vengono rapiti da uno strano raptus, quello di mettere in piazza i problemi del nostro Paese. Un raptus che colpisce anche personaggi solitamente di poche parole ma che, quando vanno all’estero, hanno una parlantina che fa invidia. Da Berlusconi a De Benedetti, ora ci si è messo anche Giorgio Napolitano a lavare i panni sporchi fuori casa.
Silvio Berlusconi ci ha abituato a discorsi di tutti i tipi. In ordine di tempo l’ultima sua performance l’ha data quando è andato a parlare con Barack Obama della giustizia italiana e dei “giudici politicizzati”. Ma ci sono tanti altri esempi. Come quello del direttore e dell’editore de ‘la Repubblica’, Ezio Mauro e Carlo De Benedetti, che andarono oltr’Alpe per lamentarsi della mancanza di libertà di stampa in Italia.
Pochi giorni fa c’è cascato anche Giorgio Napolitano. A Oxford per ricevere la laurea honoris causa in diritto civile, si è lasciato andare anche lui a mettere in piazza i problemi italiani. A una platea di inglesi ha detto che “l’Italia attraversa un periodo difficile, ci troviamo a fronteggiare sfide significative”. Poi ha anche ammonito il governo sulla manovra finanziaria, appena approntata da Giulio Tremonti. Ma era proprio necessario andare a mettere in piazza i nostri problemi a una platea di giovani stranieri? A cosa serve andare a “lavare i panni fuori casa”, a lamentarsi con altri che non solo non condividono sulla propria pelle gli stessi problemi ma che, inoltre, certo non se la passano molto meglio di noi?