Silvio Pascià, Frate Nichi e le Terrazze Romane. Cronaca vera e governi immaginari

Il Pascià della Madonnina, il Frate Crociato delle Puglie e le Terrazze Romane.

Si è mai visto un “Pascià”, insomma un “Gran Visir” d’Oriente a Piazza Duomo a Milano? Lo vedrete stasera, 19 luglio 2010, con annessa “corte persiana”. Che ci fa il Pascià sul suolo e in piazza a Milano? Ci riceve un Premio chiamato appunto “Grande Milano”. Ma è più che un premio, è un omaggio devoto. Silvio Pascià Berlusconi viene premiato con queste letterali motivazioni: “Statista di rara capacità, amato dagli italiani, uomo tra la gente e con la gente, mirabile esempio di straordinaria lungimiranza, straordinario carisma, eccezionali qualità umane…”. Dario e Serse, se ancora potessero gustare la notizia, sarebbero soddisfatti: finalmente, sia pur con molti secoli di ritardo, questi occidentali discendenti degli antipatici greci adottano un “linguaggio persiano”. La coraggiosa svolta culturale è merito dell’amministrazione provinciale di Milano, guidata da Guido Podestà, a suo tempo colonna della Edilnord, cioè il ramo edilizio dell’Impero. La forma del premio al Pascià realizza dunque pienamente la nuova sintesi tra la “democrazia occidentale” e il “dispotismo asiatico”. Non c’erano riusciti De Maistre, Montesquieu, Kant, Hegel, Tocqueville e nemmeno Napoleone o Churchill. Ce l’ha fatta Podestà.

Si è mai visto un “Frate Crociato” im marcia e in predica alle affascinate “gioventù di sinistra”? Lo si può vedere in marcia su Roma e in predica ispirata dalla sera del 18 luglio 2010. “Vincere sulle traiettorie delle vie popolari”, qualunque cosa significhi se qualcosa significa, è l’ultimo salmo di Fra Nichi Vendola. Il suo eloquio e in fondo anche il suo messaggio somiglia sempre più a quello del Fratacchione che Brancaleone incontra nella sceneggiatura dell’omonimo film. Quello che spinge ed esorta al grido di “Dio lo vuole” a “impegnare lo cavalcone”. E alla domanda “tene lo cavalcone?”, reagisce: “La fede ti sosterrà”. Qualcuno “impegna lo cavalcone” e finisce nel baratro insieme al ponte solido solo di chiacchiere. La differenza con il film è che Brancaleone, visto l’esito, dice ai suoi e al Fratacchione che insiste sul “Gimo, gimo”: “Gimo anche noi, ma da altra parte”. Invece la “sinistra giovane” e forse non solo quella si avvia nella stessa direzione di Vendola. Cioè verso la Terra Santa della spesa pubblica che dal cielo pioverà come la biblica manna e sul “cavalcone” della bancarotta. Con contorno di laudi al “bello ambiente” e maledizione e anatema al “diavolo Tremonti”, all’Europa dei banchieri, agli Ogm, alle biotecnologie, alle autostrade, alle centrali energetiche, ai laboratori, insomma alla scienza e a “mammona”, cioè il denaro. E con mistica visione in cui Carlo Giuliani, morto mentre questo Stato voleva abbattere, fa trinità eroica con Falcone e Borsellino che per difendere questo Stato sono morti. Tra i vari modi di negare e combattere il capitalismo finalmente la “sinistra giovane” ha scelto il più radicale: tornare a prima del capitalismo, un qualche tre secoli fa.

Avete mai visto le “Terrazze Romane”. Le potete vedere ogni giorno sui giornali e nei Tg. Stavolta ha ragione il leghista Maroni quando dice: “Chiacchiere da terrazze romane”. In realtà sulle terrazze romane, quelle vere, si chiacchiera d’altro. Ma sulla grande ed eterea “Terrazza” della politica irreale e surreale si chiacchiera, anzi peggio si discute di ciò che non è, non sarà e non può essere. Il governo di “larghe intese”. Non c’è, non esiste, Berlusconi non lo vuole e con lui le intese possono essere “larghe” solo se si spalmano lunghe e larghe sui suoi desideri e interessi. Non c’è, non esiste, non ci può essere il governo di larghe intese: lo dicono la storia e la cronaca politica d’Italia, lo dice il banale buon senso. Eppur se ne “discute”. E si discute del “governo tecnico”, oppure di quello guidato da Tremonti, oppure da Draghi, oppure… Questo nulla è quel che Bersani e Casini, D’Alema e gli altri interpongono tra il “Pascià del Duomo” e il “Fra Scomunica del Capitalismo”.

Quindi? Quindi accadrà quel che può accadere. Se la situazione economica e sociale resta grigia, Berlusconi governerà tra piccole Manovre e grandi Cricche fino al 2013. Lo stesso se la situazione si infosca e peggiora, in quel caso Berlusconi non correrà il rischio di urne anticipate. Ma se appena un po’ migliora, Berlusconi porterà il paese alle urne, insieme con Bossi cui avrà dato il federalismo. Urne anticipate nel 2011, al massimo 2012, per ripetere alla grande e su scala nazionale la cerimonia del “Pascià del Duomo”. In fondo il solito programma. I Frati andranno allora prima in estasi e poi in convento e le Terrazze riprenderanno a scrutare il volo di gabbiani urbani alla ricerca della traccia, del “segno” del nuovo governo.

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Mino Fuccillo