ROMA-Non capite bene e trovate anche piuttosto noioso oltre che faticoso “tradurre” in comprensibile lingua e fatto concreto la “prescrizione breve” e/o il “conflitto di attribuzione”? Niente paura, è più facile di quel che sembra ed è anche a suo modo “magico”: significa che Berlusconi appare ai processi e i processi scompaiono. Berlusconi appare, processo scompare. A Roma si chiama “magheggio”, non senza ammirazione per chi lo pratica, chissà come si dice in brianzolo, il premier di sicuro lo sa. Dunque funziona così: Berlusconi si presenta alle “Tre M”, ai processi Mediatrade, Mediaset e Mills. Accusato di reati finanziari e fiscali e di corruzione di testimone. Si presenta, almeno ai primi due, il terzo è più rischioso per lui. Si presenta, offre il petto ai magistrati. Almeno fino a che si tratta di fare atto di presenza, almeno fino a che non è previsto interrogatorio. L’effetto è un buon effetto: tutti vedono che lui in Tribunale ci va, tutti sono autorizzati a pensare che lui non fugge i processi. Così il Berlusconi “formato Milano”.
A Roma però si lavora, si legifera e si vota perché i processi “fuggano” da lui. Prescrizione breve per gli incensurati vuol dire che i processi delle “Tre M” avranno tempo e vita ridotta: la prescrizione, cioè lo svanire dei processi arriverà più in fretta, al massimo entro l’anno. E chi è che lavora, legifera e vota per la prescrizione breve? Alfano, il ministro della Giustizia del governo Berlusconi. Paniz, l’avvocato parlamentare oggi regista della maggioranza di Berlusconi in materia di giustizia. I deputati e i senatori della maggioranza di Berlusconi in Commissioni e Aula parlamentari. Il Berlusconi “formato Milano” appare ai processi, il governo e la maggioranza di Berlusconi a Roma fanno sparire i processi.
Ma dimentichiamo anche Berlusconi, poniamo in via di ipotesi che non sia la prescrizione breve una legge “ad personam”, diciamo che è una riforma della giustizia buona e impegnativa per tutti. Buona? Dipende. L’idea che l’incensurato, cioè il mai condannato ha diritto ad un processo più breve degli altri ottiene un singolare risultato: si può essere incensurati a vita perchè mai condannati ma anche mai assolti. Mettiamo, non a caso, un reato e un’accusa di corruzione, di tangenti, di pubblico denaro e pubbliche funzioni. L’accusato di questo reato, colpevole o innocente che sia nella realtà, è sempre all’inizio della vicenda giudiziaria “incensurato”. Non può non esserlo, altrimenti non sarebbe pubblico ufficiale o investito di pubblica funzione.
Se è stato in condizione di pagare o intascare tangenti doveva per forza essere incensurato. Lo accusano di corruzione, ha diritto alla prescrizione breve. Già oggi, prima della prescrizione breve, l’ottanta per cento dei processi per corruzione muore per sfinimento prima di arrivare a sentenza. Con la prescrizione breve la percentuale dei “mortalità” dei processi aumenta: l’accusato di corruzione ha nove probabilità su dieci che il suo processo non si concluda. Lui resta dunque incensurato. Non c’è sentenza: se nella realtà è innocente, bene. Se è colpevole, amen. La giustizia “prescrive”, cioè non assolve e non condanna.
Mettiamo poi che arrivi una nuova accusa a seguito di nuova indagine. L’accusato di corruzione, sempre quello di prima, se fosse stato condannato sarebbe recidivo e quindi soggetto a maggior pena. Se invece fosse stato assolto, ripartirebbe da zero come un qualunque accusato. Essendo stato “prescritto”, riparte da incensurato, cioè ha di nuovo diritto alla prescrizione e processo “brevi”. Garanzia non assoluta ma sostanziosa di risultare “prescritto” anche al secondo processo. Può andare avanti così una vita, più o meno all’infinito: se lavori di tangenti devi essere sfortunato per essere condannato, il calcolo delle probabilità lavora per te. Quindi la prescrizione breve, anche non fosse una legge per Berlusconi, è una riforma buona e impegnativa per tutti? Dipende, e ora sappiamo da cosa e per chi risulta buona e lodevole cosa.
E quell’altra cosa, il “conflitto di attribuzione” su cui presto la Camera dei deputati si pronuncerà? Cioè chi decide se un reato è “ministeriale” o no, la magistratura o il Parlamento? Far decidere al Parlamento è un po’ come chiedere all’oste se il vino è buono. Ma non è il caso disturbare giuristi o costituzionalisti per confermare o smentire questa impressione. Il conflitto di attribuzione e il relativo voto servono ad allontanare nel tempo e a rendere impraticabile il quarto processo, il processo Ruby. Ai processi a Milano Berlusconi appare, a Roma il processo a Berlusconi scompare.