Berlusconi promette investimenti al sud, i 5 dell’Mpa di Lombardo sono accontentati

Appena terminato il lungo discorso alla Camera, Berlusconi si congeda con un piccolo inchino ai deputati, negando il corpo del Capo ad abbracci, strette di mano, pacche sulle spalle. Intanto, in aula, ci si affretta a leggere fra le righe delle trenta cartelle con cui il premier ha giustificato la necessità di andare avanti e la richiesta di un voto di fiducia per continuare una legislatura nata per essere “costituente”. E tra le righe c’è da leggere, specialmente per quei deputati centristi che volevano impegni scritti nero su bianco prima di accordargli il voto.

Gli autonomisti siciliani di Lombardo avevano espressamente chiesto investimenti e grandi opere al sud, a cominciare dall’Alta Velocità sulla Napoli-Bari. Il premier li ha accontentati, citando proprio quel progetto. In realtà, parlando di grandi opere, si è fatto prendere un po’ la mano, vantando il completamento della Salerno-Reggio Calabria fra i meriti del governo: un boato l’ha costretto a una parziale rettifica. Ha rilanciato sulla costruzione del Ponte di Messina, il cui progetto sarà pronto, secondo il vaticinio berlusconiano, a dicembre di quest’anno.

Ma tutta questa attenzione al sud, le assicurazioni su un federalismo che non penalizzi il meridione, sono dirette esplicitamente ai 5 deputati di Lombardo, che a questo punto possono dirsi soddisfatti. Anche Casini, che pure ha mostrato la maschera dell’imperturbabilità, non può non aver sentito il richiamo del “quoziente familiare”. Berlusconi, nonostante la freddezza di Tremonti, vuole estendere il progetto pilota del Lazio a livello nazionale. Era una battaglia dell’Udc, funzionerà per convincere qualcuno, nonostante Casini ha detto che voterà no.

Attendevano con impazienza il discorso anche i finiani. E si capisce: dopo due mesi a darsele di santa ragione, tra dossier e controdossier, la frattura sembrava insanabile. Ma nessuna delle parti in causa vuol esser accusato di aver assassinato la legislatura. E Berlusconi, con un discorso sufficientemente generico ed evitando attacchi personali, di fronte a Fini che presiedeva la seduta, costringe Futuro e Libertà a deporre le armi, almeno per il momento.

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Warsamé Dini Casali