Quando si vuole indicare un caso estremo di bambino maleducato prima ancora che prepotente, allora si fa l’esempio-parabola di quello che mentre gioca al calcio con altri venti, poichè la palla non va dove vuole lui grida stizzito: “Il pallone è mio”. E quindi se lo porta via interrompendo la partita e mostrando chi è il padrone. Un bambino così un po’ lo si compatisce, in fondo è un bambino. Un po’ lo si redarguisce, non troppo ma gli va spiegato come si sta al mondo. In ogni caso comunque alla prossima partita non li si chiama più a giocare, oppure, più saggiamente, si porta un altro pallone che non sia il suo.
Già, ma come si fa quando il “bambino” è il capo del governo? Silvio Berlusconi ha annunciato che il “pallone” della Protezione Civile è “suo”, proprietà personale con cui ha concesso agli italiani di giocare. E ha aggiunto che se lo porta via dal “campo” de L’Aquila. Cioè che per ripicca e dispetto di bimbo offeso la Protezione Civile a L’Aquila non la manda più. Almeno fino a che quel campo di gioco non si adegua a giocare come vuole lui.
Berlusconi non tollera vi sia un’inchiesta giudiziaria che ipotizza niente meno il reato di omicidio colposo a carico degli uomini e delle strutture della Protezione Civile che non seppero predire e avvertire in tempo del terremoto. Un’inchiesta e un’ipotesi di reato assai discutibili, anzi stralunate e strampalate come molti hanno detto e scritto, compreso nel suo piccolo Blitz. Predire il terremoto non è nelle facoltà della scienza conosciuta, indagare sul mancato “obbligo di previsione” come fanno i magistrati è qualcosa che da corpo al fantasma dell’accanimento giudiziario, le parole del procuratore de L’Aquila (“speriamo di arrivare a conclusioni in consonanza con le aspettative della gente”) sono la spia di una demagogia giudiziaria.
Eppure non si è mai visto al mondo un capo di governo che per ripicca e dispetto ritira la Protezione Civile da un pezzo di territorio del paese che governa. Almeno non si era mai visto finora. Ora si è visto, con l’aggiunta dell’argomento: “Se andranno, andranno in incognito, non vorrei che qualcuno di mente fragile gli spari in testa”. Questa è l’idea che Berlusconi ha della vita civile e dei rapporti tra le istituzioni: se tu mi fai dispetto e affronto, io te lo faccio doppio.
Che questa e non altra sia la sua idea, la sua cultura e la sua maleducazione civile e civica prima ancora che prepotenza di leader, Berlusconi lo ha chiarito a gran voce nella stessa mattinata del “ritiro” della Protezione Civile da L’Aquila terra infedele e irrispettosa. Il premier ha raccontato della legge sulle intercettazioni, quella che con miope strabismo la stampa da settimane racconta come un capitolo dei rapporti politici Berlusconi-Fini. Si tratta invece dei rapporti, e della convivenza o meno, del potere, qualunque potere, con la legge e le regole, qualunque legge e regola.
Berlusconi è stato chiarissimo: ci sono “ostacoli” che fanno del suo governare un “Calvario”. Gli ostacoli sono il Parlamento dove una legge “entra cavallo ed esce dromedario”, e poi le “lobby” della stampa e della magistratura. Gli ostacoli hanno impedito che la legge in fattura “stabilisse al cento per cento il primo diritto”. Cioè, secondo Berlusconi, il diritto alla privacy dei “fatti propri”. Qualunque siano questi fatti, l’importante è che siano “propri”. Parlamento, stampa e magistratura non sono argini dentro i quali scorre regolarmente il flusso, il fiume delle libertà individuali. Sono al contrario “ostacoli”.
Ostacoli soprattutto alla vera “sovranità”. Dice Berlusconi che la “sovranità in Italia è di una corrente della magistratura che d’intesa con la Corte Costituzionale cambia le leggi che a loro non piacciono”. Dice dunque che il potere politico non deve avere argini e controlli, che questo è bestemmia e di fatto eversione. Singolare che il campione dell’antipolitica rivendichi così l’assoluto e incondizionato primato della politica. Così facendo Berlusconi regala e scodella la verità sul perchè della legge anti intercettazioni. Non la privacy. E nemmeno la fine del malcostume giornalistico secondo cui “la verità non faccia ombra alla notizia” e quindi si pubblichi tutto a prescindere da tutto.
No, la legge serve a garantire che i politici, gli unici veri “sovrani” siano al riparo, ora e per sempre, da stampa e magistratura, dalla pubblica opinione e dalla legge. Era questo il risultato da “ottenere al cento per cento” e di cui Berlusconi pubblicamente si rammarica di doversi accontentare di una percentuale minore. Rammarico infastidito e rabbioso, condito da un “Ora basta, legge blindata”. Berlusconi ha concluso scherzando: “Finora, se avevi 15 fidanzate, venivano tutte intercettate, d’ora in poi solo per 75 giorni…”. E alla platea di giornata, quella degli albergatori, ha offerto la battuta di spirito: “In base a quello che abbiamo deciso…sarete tutti intercettati”. Non si ha notizia di quanti abbiano riso o sorriso del capriccio furioso del bambino-presidente.