Il giudice, ha aggiunto, diventa colui che è davvero sopra le parti perché non è più pari al pm. Giudice e pm, ha insistito il ministro, “svolgono mestieri differenti. Il giudice deve valutare cosa gli vengono a dire accusa e difesa”.
Per questo, ha detto ancora, il Guardasigilli, “giudici e pm devono avere un organismo di governance del tutto autonomo e indipendente rispetto ai giochi interni alle correnti della magistratura e alla politica”. La responsabilità disciplinare dei di giudici e pm è stata però “estrapolata dal Csm”, con la creazione di un’Alta Corte di disciplina “composta per metà da da magistrati e per metà da eletti da Parlamento tra coloro che abbiano competenze giuridiche consolidate”. Quanto alla responsabilità civile, la riforma prevede che “il cittadino possa citare in giudizio il magistrato che ha sbagliato”. “Il principio di responsabilità è un principio di libertà”, ha sostenuto Alfano.
Altri punti destinati a scatenare polemiche sono sicuramente il divieto ad appellarsi ad una sentenza di assoluzione in primo grado e la revisione del principio di obbligatorietà dell’azione penale. Quest’ultima sarà mantenuta, ma secondo “i criteri previsti dalla legge”. “Si partirà prima dalle priorità – dice Alfano – e poi il resto. Se il giudice non potrà perseguire tutto, le priorità le definirà il parlamento”. Alfano, come aveva già fatto il premier, è tornato quindi ad assicurare che la riforma non riguarderà i procedimenti in corso. “Questi principi non si applicano ai procedimenti in corso alla data dell’entrata in vigore della legge”, ha ricordato il ministro.
