ROMA – La riforma della giustizia non è “ad personam” perché non c’entra niente “coi processi in corso”: Silvio Berlusconi ha presentato il disegno di legge (approvato dal Consiglio dei Ministri) come “un punto di svolta”. Berlusconi ha ironizzato sulla limitazione di potere che spetterebbe ai pm con la riforma: “Dovranno rivolgersi al giudice con il cappello in mano”.
Secondo il premier (che ha ascsiurato che si toglierà “belle soddisfazioni” durante i processi) quello della riforma è un cambiamento che se fosse stato introdotto 20 anni fa avrebbe evitato “l’esondazione, l’invasione della magistratura nella politica e quelle situazioni che hanno portato nel corso della storia degli ultimi venti anni a cambiamenti di governo, ad un annullamento della classe dirigente nel ’93”, e soprattutto avrebbe evitato “il tentativo che è in corso attualmente di far cadere il governo per via giudiziaria”.
Il testo varato dal Cdm è esattamente quello proposto dallo stesso Guardasigilli e discusso anche nel corso di un colloquio di quasi due ore al Quirinale con il capo dello Stato Giorgio Napolitano. “E’ dal 1994 che volevo questa riforma – ha proseguito Berlusconi – è dai tempi della nostra discesa in campo, finalmente riusciamo a realizzare un punto fondamentale del nostro programma”.
“Abbiamo una maggioranza solida e contiamo di arrivare a 330 deputati a Montecitorio”, ha aggiunto nel corso del Consiglio dei ministri, secondo quanto riferito da fonti governative. Il presidente del Consiglio durante la riunione avrebbe poi sottolineato che il nuovo testo è “una riforma organica, di prospettiva e di profondo cambiamento che non ha nulla a che fare con i processi in corso e non è contro nessuno”.
Poi, intervenendo in conferenza stampa, Berlusconi ha ribadito che “per la prima volta nella storia della nostra Repubblica presentiamo un testo di riforma completo, organico, chiaro, convincente. Lo portiamo all’attenzione del Parlamento che lo discuterà, lo approverà e intendiamo sostenere questa riforma con una larga comunicazione. E’ una riforma che va nell’interesse dei cittadini. Sono già pronte dieci leggi di attuazione, che presenteremo in successione al Parlamento”.
Riferendosi al ridimensionamento del ruolo del pubblico ministero, uno dei punti più a cuore del premier, Berlusconi ha sintetizzato con una battuta: “Il pm per parlare con il giudice dovrà fissare l’appuntamento e battere con il cappello in mano e possibilmente dargli del lei”.
Il Ddl costituzionale contiene la separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri, l’estensione della responsabilità civile del giudice, nonché due Csm separati, entrambi presieduti dal presidente della Repubblica, come previsto nella bozza 2anticipata ieri. Il cardine, ha illustrato in conferenza stampa Alfano, è la divisione tra giudici e pm. La riforma, ha sottolineato, “pone al centro la parità tra accusa e difesa. E’ un impegno che abbiamo assunto con i cittadini. Ed è quello che stiamo sostenendo dal 1994”.
Il giudice, ha aggiunto, diventa colui che è davvero sopra le parti perché non è più pari al pm. Giudice e pm, ha insistito il ministro, “svolgono mestieri differenti. Il giudice deve valutare cosa gli vengono a dire accusa e difesa”.
Per questo, ha detto ancora, il Guardasigilli, “giudici e pm devono avere un organismo di governance del tutto autonomo e indipendente rispetto ai giochi interni alle correnti della magistratura e alla politica”. La responsabilità disciplinare dei di giudici e pm è stata però “estrapolata dal Csm”, con la creazione di un’Alta Corte di disciplina “composta per metà da da magistrati e per metà da eletti da Parlamento tra coloro che abbiano competenze giuridiche consolidate”. Quanto alla responsabilità civile, la riforma prevede che “il cittadino possa citare in giudizio il magistrato che ha sbagliato”. “Il principio di responsabilità è un principio di libertà”, ha sostenuto Alfano.
Altri punti destinati a scatenare polemiche sono sicuramente il divieto ad appellarsi ad una sentenza di assoluzione in primo grado e la revisione del principio di obbligatorietà dell’azione penale. Quest’ultima sarà mantenuta, ma secondo “i criteri previsti dalla legge”. “Si partirà prima dalle priorità – dice Alfano – e poi il resto. Se il giudice non potrà perseguire tutto, le priorità le definirà il parlamento”. Alfano, come aveva già fatto il premier, è tornato quindi ad assicurare che la riforma non riguarderà i procedimenti in corso. “Questi principi non si applicano ai procedimenti in corso alla data dell’entrata in vigore della legge”, ha ricordato il ministro.