Raccontano, e lui non l’ha mai negato, che il Berlusconi privato spesso omaggi le sue ospiti a cena (a cena tranquilla e sicura, non bunga-bunga eccitato e fantasioso) di monili vari, preferibilmente farfalline a metà tra il gioiello vero e la bigiotteria di lusso. Raccontano, e lui non lo ha mai negato, che la distribuzione dei regali sia preceduta e annunciata da un tintinnio in un sacchetto che Berlusconi simpaticamente e dolcemente tiene in mano e scuote, fa dondolare. Il Berlusconi premier pubblico sta facendo altrettanto, fa dondolare il sacchetto e produce invogliante e stimolante tintinnio, solo che stavolta non sono farfalline ma posti di governo. Nel “sacchetto” ce ne sono una decina, sono i regali, i premi e cotillon della festa della fiducia ritrovata.
Due “farfallone”, cioè due posti da ministro lasciati vacanti dal finiano Ronchi dimissionario e dal mai sostituito ex ministro Brancher, quello che fu ministro per pochi giorni, il tempo di invocare il “legittimo impedimento” a presentarsi ad un processo a suo carico. A chi il ministero delle politiche europee e quello per l’attuazione del federalismo? Sono ministeri “senza portafoglio”, insomma non garantiscono ai titolari capitoli di spesa pubblica. Però sono pur sempre ministeri, tintinnano nel sacchetto in attesa di essere estratti come numeri vincenti alla tombola di Natale del governo.
Poi ci sono tre “farfallotte”: tre posti da vice ministro. Quello allo Sviluppo economico con delega al Commercio estero, c’era Urso, altro finiano che ha lasciato. Quello sempre allo Sviluppo economico, stavolta con delega alle Comunicazioni, era il posto di Paolo Romani nel frattempo diventato ministro di serie A. E il posto da vice ministro all’Economia, era di Giuseppe Vegas, diventato presidente della Consob. E infine cinque “farfalline” mica da poco, cioè altrettanti posti da sotto segretario: quello all’Agricoltura, c’era il finiano Buonfiglio, quello all’Ambiente, c’era il finiano Menia, quello ai Trasporti, c’era Reina del Mpa. E quello all’Economia, c’era Cosentino, Pdl doc, ma dimessosi perchè un filo imbarazzante al governo raggiunto com’è da mandato di cattura per presunti rapporti d’affari con i casalesi (resteranno presunti perché il Parlamento ha negato ai giudici l’autorizzazione ad usare tutti gli strumenti di indagine per il parlamentare Cosentino, Cosentino comunque è saldamente rimasto coordinatore del Pdl in Campania. Quello alla Protezione Civile, c’era Bertolaso andato in pensione.
Dieci “monili di governo” nelle mani generose del premier non sono pochi. Ma poi neanche così tanti: una quota dovrà presumibilmente essere usata, andrà come “premio di risultato” a qualcuno dei sette parlamentari che dall’esercito della sfiducia annunciata sono passati nei ranghi della fiducia votata il 14 dicembre. Mica un posto ad ognuno dei sette, sarebbe troppo e troppa grazia, ma qualcuno… E qualcuno dei “monili di governo” dovrà restare riservato e poi andare a chi risponderà alla “chiamata dei venti”. Venti è l’obiettivo annunciato dal premier, venti altri tra deputati e senatori da conquistare alla maggioranza in modo da salire alla Camera da 314 ad almeno 325 e passa. Spera e lavora Berlusconi su sette finiani, ancora finiani. E su un paio di Mpa. E su qualcuno dell’Udc. Un po’ una panzana appare l’idea, pur sussurrata, di prendersi qualche “cattolico del Pd”. Venti è l’obiettivo massimo ma Berlusconi e il Pdl si accontenterebbero della metà, una decina e quindi ci vogliono almeno tre, quattro, cinque “farfalle di governo”.
Agita il sacchetto Berlusconi e lo fa tintinnare, è questa la strategia per allargare la maggioranza e allungare il tempo del governo. Il “tintinnio” è bendetto da lontano, ma neanche troppo lontano, dal Vaticano. Vaticano che vorrebbe qualcosa di più dell’operazione “farfalla”. Vorrebbe governo e Udc novelli sposi in cerimonia ufficiale. Pare non si possa fare: Fini, Casini, Rutelli, Lombardo, Guzzanti, La Malfa, insomma un centinaio tra deputati e senatori si sono stretti in un patto di autodifesa in nome del principio esposto da Buttiglione e ripreso da una frase di Benjamin Franklin: o tutti insieme o ci “impiccano”, politicamente s’intende, ad uno ad uno. Sarebbe, anzi è il Terzo Polo. Per Berlusconi è “una tigre di carta”, anzi è “già morto”. Per il Pdl è “il Polo dei falliti”. Certo non è una falange, somiglia più a un puzzle composto con pezzi provenienti da scatole di assemblaggio diverse tra loro. Però è una rete di sbarramento all’operazione “farfalla”. Se ce la fanno a resistere un mese o due, se restano insieme quei cento fino a febbraio, se impongono a Berlusconi poi altri mesi di governo a singhiozzo con tre voti tre di maggioranza, se portano Berlusconi sfinito così alle elezioni, possono diventare nelle urne il 15 e passa per cento. Operazione “sacchetto e farfalla” contro operazione “testuggine Franklin”, chi potrà di più, il sacchetto che tintinna o la paura dell’albero a cui “impiccarsi”?